Missioni Consolata - Luglio 2015
sone più povere, meno istruite e meno politicamente impegnate delle loro controparti che vivono nelle aree urbane. Può esserci an- che una questione di genere: nelle zone rurali della Tanzania sono le donne a occuparsi della raccolta dell’acqua; ma hanno davvero sufficiente accesso ai te- lefoni cellulari?». Nei casi in cui la segnalazione del guasto c’è stata, le riparazioni sono effettivamente avvenute nel quaranta per cento dei casi; ma mentre Daraja aveva ipotizzato il coinvolgimento di circa tremila persone, di fatto sono arrivati solo 53 sms. Per cominciare, continua l’auto- analisi di Daraja, ci siamo concen- trati troppo sugli aspetti tecnolo- gici hi-tech del come scegliere la piattaforma informatica adeguata per canalizzare tutte le informa- zioni da condividere, e troppo poco sui problemi low-tech , cioè sul fatto che nelle aree rurali il tasso di analfabetismo, la diffi- coltà ad accedere alla rete cellu- lare, la mancanza di elettricità per caricare il telefonino sarebbero stati ostacoli molto più seri. Inol- tre non abbiamo affrontato in modo adeguato le conseguenze della divisione delle responsabilità stabilita dalle istituzioni per la ge- stione dell’acqua: riparare le fonti, stabilisce il ministero tanza- niano dell’acqua, è responsabilità delle comunità locali. Questo, in- sieme a una generalizzata man- canza di fiducia da parte dei citta- dini nell’operato delle autorità pubbliche, ha probabilmente por- tato la maggioranza dei benefi- ciari a pensare che non valeva la pena mandare un sms, tanto non sarebbe servito a nulla. Ammettere i fallimenti A raccogliere esperienze simili a quella di Daraja c’è Admitting Fai- lure (Ammettere il fallimento), un sito lanciato dalla sezione cana- dese di «Ingegneri Senza Fron- tiere» dove cooperanti apparte- nenti a diverse organizzazioni rac- contano la loro esperienza di pro- getti che non hanno funzionato. Si trovano storie come quella del vo- lontario dei Peace Corps che in Be- nin avvia con quattro donne una piccola produzione di pane: 100 dollari procurati dal cooperante e 20 da loro sono il capitale iniziale per comprare il materiale di base. Tutto funziona molto bene, i soldi entrano: su richiesta delle donne stesse è lui a gestire la cassa. Ma a un certo punto il volontario decide che è il momento di cedere re- sponsabilità alle donne, cassa compresa, e di continuare ad af- fiancarle solo come supervisore della contabilità. È allora che le donne si dividono i fondi in cassa e smettono di fare il pane, restando senza risorse per continuare. LUGLIO 2015 MC 65 • Cooperazione | Sviluppo | Progetti | Coinvolgimento locale • MC RUBRICHE blog in un articolo dal titolo «Maji Matone non ha dato risultati. È tempo di accettare il fallimento, imparare e andare avanti». Il pro- getto, concentrato su un distretto della Tanzania meridionale, mi- rava a creare un sistema che for- nisse informazioni ai cittadini sui problemi di approvvigionamento idrico rurale, permettesse loro di segnalare via sms i guasti ai punti di distribuzione dell’acqua e inol- trasse le informazioni alle autorità competenti perché potessero provvedere alle riparazioni. C’era poi un accordo con i media locali perché dessero visibilità ai pro- blemi segnalati in modo da fare pressione mediatica sulle autorità per accelerarne la reazione. «Per- ché abbiamo fallito?», si chiedono i responsabili di Daraja . «Beh, non abbiamo ancora raggiunto una conclusione definitiva, ma ci siamo fatti un’idea. Motivare le persone ad agire è difficile, so- prattutto quando si promette un beneficio lontano nel tempo e poco chiaro. Forse avremmo po- tuto lavorare di più sulla promo- zione del progetto, ma concen- trandoci sulle aree rurali implica avere a che fare con gruppi di per-
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