Missioni Consolata - Luglio 2015

corso non sempre riesce a compe- tere con quello delle uniformi im- portate già disponibili sul mer- cato, spesso di fabbricazione ci- nese». Lo stesso vale per gli abiti comuni: i mercati africani sono in- vasi di indumenti di seconda mano arrivati dall’Europa e Stati Uniti e venduti a cifre tutto som- mato accessibili anche per il po- tere d’acquisto locale. Anche in una realtà con un’econo- mia più reattiva, com’è il Kenya, è necessario a volte aggiustare il tiro: «Negli ultimi anni c’è stato un cam- bio sostanziale nella formazione che il nostro istituto tecnico pro- pone», spiega suor Rosa Waeni, una missionaria della Consolata di- rettrice della Irene Technical Trai- ning Institute di Maralal nella Sam- buru County dove si è appena con- cluso un intervento finanziato dalla Conferenza episcopale italiana, «perché i corsi di sartoria hanno sempre meno richiesta, mentre moltissimi studenti si avvicinano alla nostra scuola attirati dalla pos- sibilità di specializzarsi in informa- tica o elettronica, le materie che danno loro un più immediato ac- cesso al mondo del lavoro di oggi in Kenya. Meglio allora potenziare questi due corsi attrezzando i rela- tivi laboratori». Le comunità locali alla prova della globalizzazione In paesi come il Mozambico, in piena espansione economica, l’e- sigenza che le comunità manife- stano è quella di poter beneficiare delle nuove opportunità economi- che, locali o straniere che siano. Così, formare un gruppo di donne in attività di sartoria, inserendo nel corso anche sessioni di forma- zione igienico-sanitaria e di ge- stione di micro-attività imprendi- toriali, è indubbiamente un’inizia- tiva che ha un’utilità a prescin- dere, ma si scontra con fenomeni più ampi su cui la comunità locale non ha controllo. «Le donne erano fortemente inte- ressate a partecipare», spiega Suor Darlene Lima, delle Suore ca- techiste francescane, responsa- bile di un corso di taglio e cucito a Boroma (Tete, Mozambico), «ma non è stato semplice mantenere sempre alta la motivazione. Quando è il tempo della semina nella machamba , il campo, molte donne saltano le lezioni per dedi- carsi alla terra, perché la fonte principale di sostentamento ri- mane l’agricoltura». Insieme alle beneficiarie, suor Darlene e le ani- matrici hanno trovato una solu- zione dividendo le donne in due gruppi in modo che, a turno, uno potesse occuparsi della ma- chamba e l’altro frequentare i corsi. Il corso era stato concepito per consentire a queste donne di avviare poi attività generatrici di reddito in ambito sartoriale per integrare i magri proventi che l’a- gricoltura permette. Gli accordi presi con le scuole locali per l’ac- quisto delle uniformi confezionate dalle corsiste hanno permesso alle donne di vedere i risultati del loro sforzo. Ma le difficoltà non sono venute meno. «Il prezzo di mercato di un’u- niforme cucita dalle donne del Basta passare la mattina presto nei pressi del ponte sullo Zambesi, a Tete, per vedere schiere di ope- rai mozambicani in tuta e casco in attesa del bus che li porterà al la- voro nelle miniere della multina- zionale brasiliana Vale (vincitrice nel 2012 dell’Oscar della vergogna - «Public Eye award» - come com- pagnia più inquinatrice del mondo). Cambiando paese, basta guidare verso Nord Est sulla Thika Road fra Thika e Sagana, in Kenya, e osservare le distese di ananas che, a perdita d’occhio, si allun- gano sul lato destro della strada nella fattoria Del Monte, o le palme da olio che hanno letteral- mente invaso i campi nella zona di Maria La Baja e Cordoba, sulla co- sta caraibica colombiana. Queste opportunità economiche portano posti di lavoro ma anche salari bassi, rischi per la salute dei lavo- ratori, abuso delle risorse naturali - acqua, suoli, foreste - e conflitti legati ad esempio all’accaparra- mento delle terre ( land grabbing, vedi articolo pag. 29 ) e alla distru- zione della biodiversità. È con questi fenomeni che si deve misurare oggi chi lavora nello svi- luppo. E anche quando se ne è consapevoli e si interviene con l’intenzione di limitarne gli aspetti dannosi, di estendere l’accesso a servizi di base o di creare alterna- tive economiche eque e sosteni- bili, il successo è tutt’altro che ga- rantito. Ne è un esempio il pro- getto Maji Matone (Gocce d’ac- qua), realizzato da una Ong tanza- niana, Daraja (il Ponte), che ne spiega il fallimento sul proprio Cooperando… 64 MC LUGLIO 2015 # Le foto di queste pagine sono state scattate in Kenya in periodi diversi nell’ Irene Technical Training Institute di Maralal, nella Nurse Training School di Wamba e nel Technical Training Institute di Sagana.

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