Missioni Consolata - Luglio 2015
62 MC LUGLIO 2015 Libertà Religiosa stato governato allora in coali- zione da un partito locale di cen- trodestra, il Biju Janata Dal , e dal Bharatiya Janata Party , gruppo di riferimento politico dell’estre- mismo induista, oggi al potere centrale a livello federale». Governo e fondamentalisti Ogni anno ad agosto, gli estremi- sti indù organizzano manifesta- zioni in cui accusano i cristiani di essere colpevoli degli eventi del Kandhamal e di conversioni for- zate. Allo stesso modo, i cristiani, insieme ad altre organizzazioni della società civile locale e nazio- nale, chiedono giustizia accu- sando gli indù di atteggiamento persecutorio. A chi dovremmo credere? La risposta di Medha Patkar è chiara: «Ricordate: se c’è violenza di ispirazione reli- giosa, la responsabilità ricade sia sul governo, sia sui fondamenta- listi. Dov’era il governo nei terri- bili giorni del Kandhamal, dal 23 agosto 2008 in avanti? Chi aveva il potere allora in Orissa? Eviden- temente i due partiti della coali- zione decisero di non interve- nire, anche se successivamente l’alleanza si allentò notevol- mente. Gli ufficiali di polizia che resero possibile alle violenze di propagarsi non sono stati puniti, come pure i responsabili dello stupro di suor Meena. Ai profu- ghi, espropriati di case e beni viene ancora negata la possibilità del ritorno». puro oggetto di repressione, de- vono essere ascoltate. Non è solo il mercato con le sue logiche a trattare le donne come oggetti, ma a volte anche la religione». In Kandhamal, obiettivi dei radi- cali che scatenarono il pogrom erano dalit e adivasi cristiani. I ri- chiami alla calma furono ignorati e le violenze scoppiarono quando ai cristiani venne attri- buita la responsabilità dell’ucci- sione del leader radicale indù Swami Laxmanananda Saraswati e di due suoi seguaci in un pre- sunto centro spirituale che altro non era che un luogo di coordi- namento delle strategie induiste nella regione. Di fatto i cristiani furono scagionati subito dai guerriglieri maoisti che rivendi- carono di aver ucciso l’uomo per le sue attività persecutorie e per il suo ruolo di apripista del con- trollo economico sul territorio dell’interno dell’Orissa da parte di facoltosi correligionari. «Le accuse comunque sfociarono in violenze diffuse, vittime, con- seguenze ancora presenti. Su che cosa furono basate le accuse verso la pacifica comunità cri- stiana? Se ci fossero state re- sponsabilità concrete, la popola- zione locale si sarebbe rivolta alle autorità. Il fatto fu che a in- centivare i disordini fu un gran numero di elementi arrivati da fuori Kandhamal e anche da fuori Orissa, e a prolungarli contribuì la latitanza della polizia in uno Politica (e ingiustizia) in nome della religione Questa problematica non è solo limitata al Kandhamal, e il conti- nuo accento, posto dalle istitu- zioni, sull’unità e integrità del paese - a fronte di pratiche di se- gno opposto che proprio la stessa politica e le stesse auto- rità incentivano o consentono - la rende più evidente per contra- sto. «Fratelli e sorelle - concludeva Medha Patkar lo scorso agosto il suo discorso in Orissa, mo- strando una copia del rapporto del Tribunale del popolo per il Kandhamal, impegnato a cercare giustizia per le vittime - qui sono descritte le azioni che occorre- rebbe intraprendere, quali sono le leggi in base alle quali punire i criminali. La gente non ottiene giustizia perché i politici fanno politica in nome della religione. I cristiani sono soltanto il 3% della popolazione, i musulmani il 13%, gli adivasi il 9%. Perché i politici dovrebbero sostenerli? Quando i partiti pensano così, il popolo non ottiene giustizia, i colpevoli non sono mai puniti mentre in- nocenti finiscono in carcere per avere reclamato i propri diritti. Perché non ci sono state indagini efficaci nel caso del Kandhamal? Perché nessuno pone questa do- manda? Questa è la mia do- manda». Stefano Vecchia Arcangelo Liso/Flickr.com Dinudey Baidya/Flickr.com
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