Missioni Consolata - Luglio 2015
40 MC LUGLIO 2015 mine, ecc.) che poi vengono venduti alle grandi multinazionali di prodotti elettronici: telefoni cel- lulari, tablet, personal computer, piattaforme per i giochi, ecc. Il ruolo del Rwanda «Inutile nascondersi dietro a un dito - osserva Frédéric Triest della rete Eurac ( European Net- work for Central Africa ) - dietro alle milizie che si combattono sul suolo congolese ci sono paesi stranieri: Uganda, Burundi, ma, soprattutto, Rwanda. Sono questi stati a fomentare le ribel- lioni. L’instabilità fa il loro gioco perché da essa traggono una ricchezza notevole. Kinshasa non vuole intervenire, sia perché non ne ha la forza, sia perché molti politici congolesi corrotti sono complici di questo traffico». In questi ultimi vent’anni è il Rwanda ad aver fatto la parte del leone. Kigali ha finanziato molte milizie locali. Pensiamo all’M23, un gruppo congo- lese a base etnica tutsi, che ha terrorizzato le zone di frontiera. Proprio grazie ai finanziamenti e all’appoggio politico ruandesi ha potuto control- lare per anni la zona al confine tra Rwanda e Congo e sfruttarne a fondo le risorse minerarie, che venivano poi dirottate su Kigali. Ma, anche dopo la sconfitta dell’M23 (2013), Kigali è rimasta S embrava impossibile eppure è diventata realtà. Ne- gli Stati Uniti, il paese del liberismo e della deregu- lation più assoluti, nel 2010 il Parlamento ha ap- provato il Dodd-Frank Act, una normativa molto pun- tuale sui minerali provenienti dalla Repubblica Demo- cratica del Congo (Rdc). La legge, che è entrata in vigore quest’anno, è una nor- mativa complessa che tocca molti aspetti dei diritti dei consumatori. Nella sezione 1502 richiede alle aziende statunitensi, quotate in borsa e che utilizzano oro, sta- gno, tantalio e tungsteno nella loro produzione, di cer- tificare che tali risorse non provengano dalla Rdc e dai paesi confinanti. Q uesta norma ha tre caratteristiche che la ren- dono interessante. La prima è che si basa su un approccio vincolante: le aziende sono costrette a verificare la provenienza dei minerali che utilizzano (e quindi eventualmente a cercare altre fonti di approvvi- gionamento). La seconda è di tipo geografico: indica uno specifico Stato (la Rdc) e i paesi a esso confinanti. La terza è che riguarda tutte le aziende quotate in borsa. I n questi anni di transizione, molte aziende che impie- gano i quattro minerali nelle loro produzioni hanno avviato le procedure per adeguarsi alla nuova norma- tiva, incontrando però moltissime difficoltà. Secondo una relazione elaborata da Amnesty International e Global Witness, l’80% delle società statunitensi del set- tore interessato non sono in grado di tracciare la ca- tena di approvvigionamento dei minerali utilizzati. Tra le aziende coinvolte ci sono multinazionali del calibro di Apple (computer, tablet, telefoni) e Boeing (aerei). Le aziende sostengono che sia difficile, se non impossibile, risalire a ogni livello della catena dei fornitori. Ed è per questo motivo che hanno chiesto uno slittamento (che non hanno ottenuto) dell’entrata in vigore della norma- tiva . Secondo la società civile, invece, mancherebbe la vo- lontà di effettuare i controlli che per le grandi compa- gnie significherebbe costi aggiuntivi e prezzi finali per i consumatori più elevati. En.Ca . USA: PRIMA LEGGE CONTRO IL TRAFFICO Proprio negli Usa, patria delle grandi aziende tecnologiche, vede la luce la prima legge che ostacola il traffico di materie prime dalla Rdc. Ma le difficoltà per la tracciabilità dei mine- rali, del coltan in particolare, rimangono grandi. © R N / Guy Oliver
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=