Missioni Consolata - Luglio 2015

ventata più pressante - oltre un centinaio di giornalisti hanno perso il lavoro in quel periodo -, l’esecutivo ha iniziato a prendere provvedimenti per delimitare l’ambito dei social media, che si sono dimostrati un meccanismo di comunicazione micidiale durante le proteste, fino a bloccare, l’anno scorso, Youtube e Twitter per al- cune settimane. La maxi operazione anti-corru- zione del dicembre 2014, che ha coinvolto quattro ministri dell’ese- cutivo e diversi esponenti del mondo degli affari vicino al go- verno, nonché il figlio dello stesso Erdoğan, all’epoca ancora pre- mier, avrebbe potuto costituire un duro colpo per il leader e i suoi uo- mini. La vicenda, tuttavia, si è ri- solta in un nulla di fatto a livello processuale per i nomi coinvolti, mentre i magistrati e gli agenti della polizia che avevano condotto l’operazione sono stati destituiti dall’incarico, trasferiti se non addi- rittura radiati dalla professione. L’esecutivo ha accusato un proprio vecchio alleato, Fethullah Gülen, capo di «Hizmet», potente movi- mento religioso (oltre che sociale e culturale), in esilio volontario ne- gli Stati Uniti, di aver ordito un complotto per rovesciarlo, utiliz- zando la propria influenza sulle forze dell’ordine e la magistratura. La vicenda, oltre a sollevare nume- rosi e legittimi interrogativi sull’af- fidabilità di queste due istituzioni, ha anche messo in luce la lotta di potere tra gruppi legati da una vi- TURCHIA condo la norma anche a causa di una rete di omertà che si estende dai politici alla magistratura fino alle forze dell’ordine. Proteste di piazza e scandali insabbiati Sul piano dei diritti dei lavoratori si è iniziato a pagare le conseguenze di una politica di sfrenato liberi- smo, nel quale lo stipendio mi- nimo resta a tutt’oggi sui 300 Euro mensili e le misure di sicurezza sul lavoro restano, nella maggior parte dei casi, completamente ina- deguate, come si è visto in occa- sione dell’incidente della miniera di Soma in cui hanno perso la vita 301 lavoratori (13 maggio 2014). Il settore edile, considerato il mo- tore dello sviluppo economico del paese, è entrato senza criterio an- che nei centri storici delle città, sconvolgendo il tessuto sociale e urbano. Non a caso, le proteste che nell’estate del 2013 hanno mobilitato in tutto il paese, ma so- prattutto a Istanbul, migliaia di persone, erano nate per la preser- vazione di un parco, il Gezi Park, per poi allargarsi e diventare una contestazione delle politiche op- pressive e autoritarie di Erdoğan. Le manifestazioni di massa di Gezi Park, del tutto inaspettate per il governo, nonostante le critiche sulla violenza con cui sono state sedate, hanno avuto l’effetto di accentuare il carattere autoritari- sta del governo. Mentre la cen- sura sulla stampa, da sempre pre- sente nei media mainstream , è di- # A sinistra : «Il responsabile sono io» titola (3 giugno) il quotidiano «Cumhuriyet», in risposta alle pesanti minacce del presidente. Sopra : prote- sta contro il blocco governativo di Twitter, avvenuto in più occasioni. # In alto a destra : un piccolo nel campo per profughi siriani a Islahiye, nel Sud Est della Turchia, al confine con la Siria. sione religiosa simile, ma con obiettivi sociali e politici diversi. Una lotta questa che prosegue tutt’oggi e con ambiti di scontro ancora più ampi. Politica estera: le scelte di Ankara Anche in politica estera, soprat- tutto grazie alla filosofia «zero problemi con i vicini» dell’attuale premier Ahmet Davutoğlu (già mi- nistro degli Esteri), tra il 2008 e il 2009 la Turchia ha rappresentato un paese in ascesa. Mentre veni- vano aboliti i visti con diversi paesi confinanti e si instauravano i primi contatti ufficiali con la regione au- tonoma curda dell’Iraq, Ankara estendeva la propria rete diploma- tica con gli stati africani. Grazie al sostegno di questi, nel periodo 2009-2010 la Turchia è diventata membro non permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Si riprendeva anche il dialogo diplo- matico con l’Armenia, fino ad arri- vare nel 2009 alla firma di proto- colli che hanno tracciato un iter per riavviare i rapporti tra i due paesi. Inoltre Ankara, membro della Nato dal 1952, mantenendo una posizione equidistante dai vari

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