Missioni Consolata - Maggio 2015
meno del fatto che fosse oppor- tuno scolarizzare i bambini rom e i dubbi nascevano a volte da pre- giudizi culturali “al contrario”, cioè di malintesa difesa della cul- tura rom da quella gagé (non rom). Poi è cominciato un per- corso in cui si chiedeva alle fami- glie almeno di iscrivere i figli a scuola e dopo di iscriverli e man- darli almeno qualche volta. E a questa sequela di “almeno” si è affiancato l’uso della scuola come “merce di scambio” fra Rom e isti- tuzioni: mando i miei figli a scuola se mi dai un campo attrezzato, non ti caccio dal campo se mandi i bambini a scuola». A questo poi poteva aggiungersi un problema legato a una presa in carico che non coinvolgeva abba- stanza le famiglie: i bambini di- ventavano quasi figli delle asso- ciazioni per l’assistenza ai Rom, che si occupavano di andare ai ri- cevimenti con gli insegnanti e di ritirare le pagelle mentre i geni- tori stavano al campo, completa- mente deresponsabilizzati. Ma senza scuola non si fanno pro- gressi. «In questi decenni di la- voro con i Rom abbiamo visto che dove si è riusciti a scolarizzare una generazione, questa poi a sua volta ha mandato a scuola i propri figli e si è innescato un circolo vir- tuoso». Secondo il rapporto con- clusivo dell’indagine sulla condi- zione di Rom, Sinti e Camminanti della Commissione diritti umani del Senato, pubblicata a febbraio 2011, a Roma sono circa 2.200 i bambini rom iscritti a scuola: la maggioranza, ma i dati cambiano di parecchio a seconda che i bam- bini vivano o meno in campi at- trezzati e raggiunti da interventi sociali. Quanto al modo di procurarsi de- naro, gli operatori non si stancano di ripetere che il ricorso al furto o ad altre attività criminali interessa gruppi minoritari e diminuisce al- l’aumentare dell’inclusione so- ciale. In una città come Roma, dove il clan dei Casamonica - Rom italiani di antico insediamento - è nota per attività quali usura, ra- pine, estorsioni, sfruttamento della prostituzione, traffico di armi e stupefacenti specialmente nel settore Est della Capitale, è difficile evitare che chi ne legge le «gesta» nelle cronache locali fac- cia poi l’equazione: zingaro uguale criminale. «Eppure», ri- prende Ciani «se ora chiedessimo ai rom qui al Centro che cosa ne pensano dei Casamonica, molti non capirebbero nemmeno di chi stiamo parlando». La popolazione romanì cerca di garantirsi la sussistenza con di- versi mezzi: secondo il quadro de- lineato da Sant’Egidio, all’elemo- sina ricorrono più che altro quelli arrivati di recente. Ci sono poi i cosiddetti rovistatori, quelli che cercano nei cassonetti dell’im- mondizia, attività che crea una se- rie di problemi: innanzitutto, con- tribuisce a diffondere la perce- • Migranti | Roma | Rom e Sinti | Rifugiati | Centro Astalli • MC RUBRICHE © Centro Astalli © CSant’Egidio tiva, ma lo sgombero non era pari- ficato allo sfratto né i campi erano considerati luoghi a emergenza abitativa. Ora i criteri per le gra- duatorie sono cambiati e il tempo dirà se lo saranno anche i risultati. I Rom della ex Jugoslavia sono il gruppo che più di tutti ha vissuto in ghetti ai margini della città: molti sono nati qui, figli o nipoti di persone che lasciarono la Jugosla- via durante la guerra e che non hanno poi acquisito la cittadinanza di uno dei paesi nati dalla dissolu- zione del paese balcanico. «Vivono perciò in un limbo giuridico nel quale sono apolidi de facto ma non de jure e non possono chie- dere per i propri figli il riconosci- mento della nazionalità italiana». Ma anche per chi ha una situa- zione giuridica meno complicata l’uscita dalla condizione di margi- nalità è difficile. Uno dei banchi di prova è quello della scuola. È «sin- tomatico di come lo stato ha trat- tato queste comunità. Ci sono stati diversi passaggi: nel primo, le istituzioni non erano sicure nem- # Pagina 63 : insediamento spontaneo sulle sponde del Tevere. # In alto a sinistra : donna rom e bam- bina per le strade di Roma con car- rello per raccogliere materiale rici- clato dai cassonetti. # A sinistra : il deposito vestiti usati al centro «Genti di Pace» della Comu- nità di Sant’Egidio e ( sopra ) un’ope- ratrice con una mamma rom; (a de- stra) migranti di fronte al Colosseo.
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