Missioni Consolata - Maggio 2015
• Missione | Essenzialità | Volontariato • MC ARTICOLI giorno sì e uno no eravamo a dor- mire, mangiare, dire messa, in un posto diverso. In un caso, dopo avere raggiunto un villaggio in bici, il giorno dopo ne abbiamo rag- giunto un altro con due ore di cammino a piedi in mezzo alla fo- resta e a corsi d’acqua, con la scorta di abitanti del luogo armati di machete. La fatica per raggiungere i villaggi è sempre stata ampiamente ripa- gata dalla folla di gente che ci ha accolto con canti e danze. Inoltre l’adattamento alle condizioni di vita della gente, per noi impensa- bili, è stato molto semplice, una volta compreso che quello che per me è scomodo, è vita normalis- sima per altri. Quante mani strette. Mani piccole e grandi, malate e sane, giovani e vecchie, morbide e dure, felici e tri- sti, pulite e sporche. Qui il saluto più importante è la stretta di mano. C’è il modo normale di darla e ce n’è un altro che esprime grande gioia. All’inizio non avevo compreso questa differenza. Quando l’ho colta non potete ca- pire com’è cambiato tutto. Mi sono sentito accolto e a casa. La loro semplicità nel prepararci i letti, l’acqua per lavarci e i pasti con grandissima cura, mi hanno fatto capire che per far sentire bene una persona non c’entra cosa si offre, ma il modo in cui lo si fa. Credo che non scorderò facil- mente questi giorni: i bans inse- gnati, le canzoni imparate, quei cieli notturni con un’infinità di stelle. E il fuoco, grande e forte, attorno al quale, al calare del buio, si radunano bambini, giovani e vecchi, le mani battono sui tam- buri e si scatenano le danze in cer- chio, cantando a squarciagola, con un ritmo travolgente, che ti spinge a smettere di cercare di capire i passi che non conosci, e a seguire il ritmo della musica e basta. La gioia intorno a quel fuoco non si può descrivere. Sarebbe come guardare un tramonto in foto: puoi dire che è bello, ma non vivi le emozioni, non sai se l’aria era calda o se c’era il vento. Sono cambiato in questi giorni? Ovviamente sì, non puoi rimanere uguale. Non sono quelle immagini prive di compassione che passano in tv mentre si è a tavola o sul di- vano. Tutto questo c’è davvero, e il minimo da fare è non essere in- differenti e rileggere la propria vita alla luce di ciò. 30 Novembre 2014 Tornato a Isiro da una settimana. Tornato a casa. Lunedì sarà l’anniversario dei 50 anni dal martirio della beata Anuarite, congolese e martirizzata proprio a Isiro, e martedì sono ar- rivati da noi sei vescovi. Al loro ar- rivo, con quattro giorni di anticipo, in casa è iniziato il putiferio, e io, oltre a preparare le stanze, mi sono messo a fare un chilo di ra- violi. Gli africani non apprezzano molto i cibi stranieri, infatti ne hanno mangiati pochi, ma non vi preoccupate: li ho finiti io. In questi giorni abbiamo anche sa- lutato due diaconi che partivano per essere ordinati sacerdoti nei loro paesi, ed è partito Jeremy. Questo significa che io sono, di punto in bianco, diventato il re- sponsabile dell’orto. E così mi sono accorto che la stagione delle piogge mi manca da morire. Adesso bisogna annaffiare l’orto mattina e sera, il che richiede un’ora e mezza ogni volta. Ora ca- pisco l’importanza delle piogge, soprattutto per la gente che, du- rante la secca, non ha l’acqua. Insieme ai vescovi è arrivato un esercito di suore che ci hanno let- teralmente invaso la casa. Ma non è finita: ieri sono arrivati anche il cardinale e il nunzio apostolico del Congo, accompagnati da quattro guardie del corpo. Dovete sapere che qui in Congo la chiesa si è esposta molto opponendosi alla modificazione della Costituzione, per impedire che il presidente rin- novasse ancora il mandato. Quindi il cardinale potrebbe addirittura essere bersaglio di un attentato. In tutto questo tran tran, il grande Ivo è stato dietro a tutto. Il pros- simo martire del Congo, se va avanti così, sarà lui. In questi giorni non sono an-
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