Missioni Consolata - Maggio 2015
MOZAMBICO 24 MC MAGGIO 2015 sono molte resistenze, da parte del clero e da parte della gente. Il clero dice: la gente non è prepa- rata. È vero, ma neanche noi sa- cerdoti siamo preparati, abbiamo clericalizzato tutto». La missione ci aiuta a leggere la realtà. Perché anche qui c’è questa situazione, un po’ più camuffata. In Italia iniziamo ad avere diversi missionari africani come parroci delle. «È vero. Ma sarebbe più lo- gico che ci fosse un padre di fami- glia preparato che va lì e spiega, poi incarichiamo qualcuno che ci dia l’eucarestia. Questo aspetto dei laici ha un’importanza estrema». I giovani e la missione In Italia i giovani disertano le chiese. Come interessarli alla mis- sione? «Credo che il mondo di oggi manchi di una cosa: interio- rità. Si è frastornati da tutto. C’è bisogno di un po’ di silenzio. Ma non di solitudine, altrimenti ci si ammazza. Un silenzio che diventi riflessione, ci porti a dare delle ri- sposte personali a certi segni che dovremmo vedere». «Noi stessi dobbiamo dare dei se- gni. In tempo di guerra mi è capi- tato di passare la notte a seppel- lire morti tagliati a pezzi. Il mat- tino dopo, la gente diceva, perché lo fai? Adesso non siamo più ca- paci a creare delle inquietudini con la nostra dimensione di fede. Vuol dire, creare interrogativi. Perché a 76 anni parti ancora? Ma stai qui, c’è lavoro. Se riesco a dare una risposta a questi “per- ché” mi metto in cammino. Invece cerchiamo di sistemarci. Ma se ci si ferma o ci si addor- menta o si imputridisce. Accetti passivamente tutto, non crei più punti interrogativi, inquietudini appunto, non crei più ricerca». Ma come trovare le risposte? «Il problema non è tanto quello di dare soluzioni - continua il missio- nario - quelle le darà la storia, ov- vero Dio. Non sarai tu. Se tu vivi il Vangelo sul serio, attorno a te qualcosa si muoverà, qualcuno “inquieto”, forse per imitarti, forse per liberarsi dal torpore del “tutti fanno così”. Al contrario, questo cercare di sistemarsi, può creare in alcuni una ribellione ra- dicale, come i giovani che se- guono l’Isis, perché devono dare un senso. Ma ricordati, facciamo più con la presenza che con la pa- rola. Dobbiamo gridare il Vangelo con la vita». Marco Bello dare soluzioni, solo lui può. Allora è necessario leggere e ri- flettere, per ricaricarsi. Significa ri- vedere la storia, quello che ci ca- pita alla luce di Dio». Approccio laicale Come abbiamo visto, in Mozam- bico, a causa dell’estensione del territorio, molte località non pos- sono essere visitate da sacerdoti, se non occasionalmente. Il ruolo dei laici è dunque fondamentale. «Il futuro lì sono i laici. Ma anche qui in Italia. Tra 10 anni i preti sa- ranno sempre meno. Un parroco che fa 5 parrocchie, come fa? Corre. Occorre abituare la gente a coinvolgersi di più. L’incontro con Dio si ha anche attraverso la Pa- rola. È come avere due polmoni: eucarestia e Bibbia. Se non c’è la prima, si respira con un polmone. Si vive lo stesso! Formiamo ani- matori responsabili con la cate- chesi per avere comunità aggrap- pate alla Parola di Dio. Se poi viene l’eucaristia tanto meglio, ma chissà come sarà un domani». «Chiediamoci: chi è che accompa- gna questa gente? Io prete, che vado là ogni due, tre mesi, per po- chi giorni, e non so la loro lingua? O sono loro che sono lì? La quoti- dianità della luce di Dio è tra- smessa attraverso gli animatori. Sarà così anche in Italia domani». Ma non sempre è facile avere un ruolo come laici nella chiesa: «Ci # Qui sopra : scorcio stradale della vasta zona di missione. # A fianco : padre Franco con il suo mezzo di trasporto nella comunità di Finzi.
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