Missioni Consolata - Aprile 2015
APRILE 2015 MC 65 Rientrato da Mecanhelas nell’a- prile 2002, Giancarlo rimase per un anno come animatore missio- nario e factotum a Milaico, poi ri- spose di nuovo al richiamo della missione e, nel 2003, rientrò in Mozambico dove riprese a lavo- rare come meccanico, idraulico, muratore, falegname, camionista nelle missioni del Nord e del Cen- tro e ovunque lo chiamassero per riparare auto, installare genera- tori, scavare pozzi. La sua ultima missione è stata Nova Mambone, dove sovrintendeva alle saline, importante fonte di reddito della locale missione. M issionario senza secondi fini o ipocrisie, Giancarlo diceva chiaramente quello che pensava e dedicava ogni sua energia nel lavoro di ma- nutenzione e direzione tecnica e in quello di evangelizzazione. Prendeva molto a cuore ogni suo impegno e soffriva quando te- meva di non riuscire a risolvere qualche problema, ma la sua per- severanza faceva sì che questo succedesse di rado. Nella sua stanza, si poteva tro- vare la Bibbia, come anche uten- sili e parti di ricambio, sistemati anche sotto il suo letto, giacché la sera o il mattino presto, non erano per lui necessariamente tempi di riposo. Ci teneva a rima- nere in contatto con le realtà dei missionari laici della Consolata, soprattutto in Portogallo e parte- cipava volentieri alle assemblee che venivano organizzate. La sua salute non era delle mi- gliori. Al mattino, a colazione, ci comunicava il «bollettino me- dico» della notte trascorsa, tra spifferi, dolorini e altro. Ma non era uno che si lamentasse e ne parlava con allegria. Purtroppo, all’improvviso, il 31 gennaio scorso, la malattia ha vinto, ma solo sul suo corpo. Giancarlo con- tinua a vivere nel ricordo della gente di Mecanhelas e delle altre missioni in cui ha servito, tra co- loro che ha formato come specia- listi e quelli con cui ha condiviso gioie e dolori della vita. Senza mai chiudere la porta in faccia a nes- suno. Paolo Deriu N elle sue peregrinazioni, Giancarlo non passava inos- servato. La gente lo vedeva transitare di buon mattino con il suo «passo da alpino» (era, in ef- fetti, un appassionato di monta- gna) diretto alla fuoristrada o a un autobus, caricando un enorme zaino pieno di utensili e ricambi e commentava: «Che grinta, sem- bra un soldato, chissà come è forte». Un’altra meta dei suoi viaggi era il Malawi, dove si recava a caccia di parti di ricambio decenti. Appro- fittava di questi viaggi per dare uno strappo ai malati della par- rocchia, che avevano bisogno di cure specialistiche per cataratta agli occhi, ernie, varie forme tu- morali. Quando invece andava nella città di Nampula, in Mozam- bico, a oltre 400 Km dalla parroc- chia, se poteva, caricava malati di mente, diretti al locale ospedale psichiatrico. Giancarlo infatti non si occupava solo di risolvere guasti tecnici o di dirigere lavori edili. Si preoccu- pava dei più deboli, tra cui ap- punto i malati, e gli stavano molto a cuore anche i bambini del Centro nutrizionale con cui trascorreva i momenti della sera o la domenica. I bambini erano MC ARTICOLI molto contenti di averlo con loro, avevano bisogno di un punto di riferimento maschile, essendo le educatrici tutte donne. Importante per Giancarlo era la formazione professionale dell’é- quipe di meccanici, falegnami, muratori e manovali (erano circa 70 lavoratori) con cui lavorava. Abituato a un approccio sincero con la gente e a parlare forte e chiaro, per Giancarlo fu difficile, all’inizio, comprendere un parti- colare tratto culturale del popolo Makua, che ci aveva accolti. Ai Makua, infatti, non piace dire di «no» a una domanda di un ospite straniero, perché non vogliono causargli un dispiacere. Quindi poteva capitare che i lavoratori- alunni rispondessero sempre di «sì», durante la formazione, alle domande di Giancarlo, anche se magari non avevano capito un bel niente. Quando durante le eserci- tazioni pratiche veniva fuori la ve- rità, il poveretto aveva un bel sgolarsi per ripetere i concetti. Comunque, con il tempo, l’équipe tecnica di Mecanhelas imparò a dialogare con Giancarlo (anche familiarizzando con espressioni del dialetto mantovano che il no- stro tanto amava) e ad apprez- zarne la professionalità.
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