Missioni Consolata - Aprile 2015

spuglio dove si nascondono le prostitute, tutte ra- gazze africane ospiti del Cara. Più avanti, sulla si- nistra, vediamo sbucare all’improvviso un gruppo di villette tutte uguali, color pastello e, poco oltre, un agrumeto. Ha il nome bucolico di Residence degli aranci, ma per entrare ci vuole «un’autoriz- zazione speciale», dicono i funzionari all’ingresso. Anche per uscire, gli ospiti devono passare il badge e sono obbligati a rientrare entro 48 ore. Il primo centro abitato sulla strada, Mineo ap- punto, è arroccato sulla collina ed è difficilmente raggiungibile a piedi. Sulla striscia d’asfalto che separa il centro dai campi lasciati incolti, un pa- store pascola le pecore, sorvegliate da un cane che zoppica. Mentre la foto, pubblicata sul web, che mostra i migranti appesi al «muro» di Ceuta e gli spagnoli, dall’altra parte, che giocano a golf, fa il giro del mondo, sulla strada del ritorno, anche noi abbiamo un flash: dietro la recinzione che cinge il perimetro di Sigonella, un militare in ma- niche corte passeggia con la figlia - i capelli biondi e lo stesso diafano pallore - su un prato all’inglese perfettamente curato e di un verde talmente in- tenso da sembrare finto. Ci giriamo un’ultima volta verso il «villaggio della solidarietà» (il Cara di Mineo è stato chiamato an- che così) dove centinaia di uomini e donne nel fiore dell’età, dopo essere sopravvissuti all’indici- bile, sono condannati a una vita sospesa, che ha più il sapore di una morte lenta che di una se- conda nascita a un’esistenza nuova, dall’altro lato di questo mare nostro. 46 MC APRILE 2015 Sant’Antonio, proprio sotto al Vulcano. «La notte sembra che la casa si muova e abbiamo paura». Sekou, che ha una brutta ferita sul viso ed è or- fano di entrambi i genitori, parla bene italiano, ma fa finta di non capire. Dice di essere in contatto di- retto con Ousainou Darboe, un avvocato per i di- ritti umani, leader del principale partito dell’oppo- sizione in Gambia. Sekou e Sheriff sarebbero po- tuti rientrare nel loro paese prima del previsto se il colpo di stato, tentato nella notte tra il 29 e il 30 dicembre scorso, non fosse fallito. C’è ancora qualcuno che nasce o muore nel centro di Mineo Sheriff e Sekou sanno di essere stati comunque più fortunati di tanti loro compagni di viaggio. Ba- kari è «rinchiuso» nel centro di accoglienza per ri- fugiati e richiedenti asilo (Cara) 3 di Mineo da più di un anno. Mammut vi è stato trasferito da ap- pena due mesi, dalla tendopoli di Messina, e già pensa alla fuga. Ma c’è anche chi lì dentro attende da più di tre anni una risposta sul proprio destino. Malgrado il recente scandalo denominato dalla stampa «Mafia capitale» che ha riguardato l’in- tero «sistema italiano dell’accoglienza» e, in parti- colare, proprio la gestione del centro nato nel 2011 sull’onda dell’ennesima emergenza, c’è ancora qualcuno che a Mineo nasce o muore. Pochi chilometri separano il centro dalla base ae- ronavale Usa di Sigonella. Percorriamo la statale che da Catania porta a Caltagirone, e di lì a Gela. Alla nostra destra c’è la distesa di filo spinato che protegge la base, interrotta solo da qualche ce-

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