Missioni Consolata - Marzo 2015

MARZO 2015 MC 7 Cari mission@ri siva preoccupazione di vo- ler essere accettati/letti da tutti senza apparire in- tegralisti o impegnati a fare proselitismo. Ricordo che io stesso ho criticato con forza la reda- zione di MC nel 2002, quando, in occasione del centenario dell’arrivo dei missionari della Consola- ta in Kenya, aveva prepa- rato un bellissimo nume- ro speciale dove però si e- ra scritto di tutto, eccetto che degli incredibili risul- tati di cento anni di evan- gelizzazione: una comu- nità cristiana vibrante, u- na Chiesa locale quasi autosufficiente e soprat- tutto una Chiesa diventata missionaria. Noi siamo profondamente convinti che l’unica ragio- ne della missione è Gesù Cristo e l’annuncio della Buona Notizia (Vangelo) che è Lui. È Lui che dà la forza ai missionari di resi- stere anche nelle situa- zioni più dure, fino a dare la vita. Papa Francesco, nonostante possa confon- dere qualcuno con i suoi gesti di apertura, dialogo e rispetto per le altre reli- gioni, è molto chiaro in questo. La sua Evangelii gaudium non lascia dubbi. Il problema per noi di MC si presenta di mese in mese quando veniamo al- la scelta concreta degli articoli. Non sempre riu- sciamo ad avere materia- le che ci permetta un buon bilanciamento dei testi, ce ne rendiamo con- to. Corriamo così il rischio di dare prevalenza ad arti- coli che potrebbero appa- rire benissimo in riviste di socio-politica ed econo- mia internazionale. Le assicuriamo comun- que che, come è stato det- to al Convegno missiona- rio di Sacrofano ( cfr pag. 10 ), è nostro grande desi- derio «Rimettere Cristo al centro», perché è solo in Lui che, come persone e come cristiani, troviamo le motivazioni vere per dare la vita per un mondo nuovo, giusto, fraterno, a norma «divina». che tutte le religioni sono nobili e degne allo stesso modo, e che ognuna è u- na strada per giungere a Dio. A questo punto diventava ineludibile la domanda: e allora, se Dio ha dato a quei popoli una loro for- ma di espressione reli- giosa, dato che Dio non lascia orfano nessun po- polo, in base a quale principio io devo andare là per convincerlo a la- sciare i suoi culti e dive- nire cattolico? Mi ricordo che in un’in- tervista letta anni or so- no, ad un certo punto, il giovane missionario che partiva, alla domanda se andava per convertire, ri- spose: «No, vado per es- sere convertito». Proba- bilmente intendeva dire che quanto di buono a- vrebbe trovato in terra di missione lo avrebbe spronato a diventare un miglior cattolico, ma let- ta così, tout court , la fra- se spiazzava. Siamo giunti a tal punto che oggi il missionario per eccellenza è quello che è stato a Korogocho ( pron . Corogocio, ndr ) e che guida cortei per la tutela dell’acqua pub- blica. Qual è l’essenza della missione Belle e sante cose, ma torniamo alla base: qual è l’essenza dell’es- seremissionario? E a questa domanda ne se- gue un’altra. Tutte le ri- viste missionarie, com- presa la sua, non fanno altro che riportare in- chieste interessantissi- me e quasi sempre mol- to equilibrate, inchieste sociali, politiche, stori- che, il tutto - ripeto - molto bello. Ma quante volte compare il nome di Gesù Cristo? È tutto un resoconto di sopraffazio- ni di stati su stati, di etnie su etnie, di caste su altre caste. Ma cosa serve stu- diare teologia e tutte le materie a essa connesse se poi offrite un prodotto per il quale sarebbe suf- ficiente un esperto di po- litica internazionale o u- no storico equilibrato? Se prima, a mio parere, l’essenza della missione era quella di predicare il cristianesimo a popola- zioni che avevano altre forme religiose a nostro avviso belle, nobili, ovvia- mente da rispettare, per certi aspetti anche da prendere ad esempio, ma comunque non equi- parabili al messaggio di Cristo, oggi quale è que- sta essenza? Avviene quello che suc- cede ad ogni aggregazio- ne umana, ad esempio tra partiti politici che si fondono: la perdita della propria identità e specifi- cità annulla anche il mo- vente interiore, lo stimo- lo che prima c’era a voler partire missionari. Se un giovane che doves- se avere la vocazione ri- flette un po’, se va per costruire pozzi, case, ponti, impiantare azien- de, creare movimenti di sindacalizzazione, creare scuole (tutte cose bellis- sime, sia chiaro) non gli basterebbe essere un buon geometra, un buon ingegnere, un buon ma- nager, un buon professo- re? Poi, se è anche un buon cristiano, meglio ancora! Concludendo Due questioni aperte. 1. Un tempo il missiona- rio portava Cristo e il Vangelo, di conseguenza tutta la sua azione si completava anche, visto che l’uomo è corpo e ani- ma, con opere umane di promozione sociale dei popoli ai quali era invia- to. Ma l’essenziale era ben distinto dal seconda- rio. Oggi il secondario ha preso il posto di ciò che prima era ritenuto esse- re l’essenziale della mis- sione. Capovolgendo i valori la missione non poteva che soffrirne. 2. Il secondo punto è la necessità di spiegare con chiarezza il significato di certi gesti in sé bellissi- mi, compiuti ad esempio dai papi, ma che possono prestarsi a equivoci o a volute distorsioni da par- te della stampa laicista. Lo si è visto con la frase di papa Francesco «Chi sono io per giudicare» che, sulla stampa nazio- nale è diventata una sor- ta di sdoganamento del- l’omosessualità. Anche recentemente, l’inchino verso il primate degli or- todossi, la preghiera nel- la moschea rivolto alla Mecca. Se tutto ciò non viene spiegato, altro non porta che alla solita con- clusione. Ogni religione è strada verso Dio, di con- seguenza una forma missionaria della chiesa cattolica altro non può essere vista che come u- na forma di sopraffazio- ne nei confronti di altri culti. La saluto con stima e af- fetto, spero di essere stato sufficientemente chiaro nell’esposizione dei miei pensieri, cor- dialmente suo, Alfredo Garianol Genova, 16/12/2014 Caro Sig. Alfredo, è stato più che chiaro. Sull’ultimo punto, avesse scritto dopo il viaggio del Papa in Sri Lanka, avreb- be potuto aggiungere altri argomenti al dibattito. La ringrazio della sua lettera che tocca il tema scottan- te della missione della Chiesa oggi. Non ho una risposta precisa da darle. Le assicuro che quanto lei ha esposto costituisce il cuore del dibattito sulla missione e la nuova evan- gelizzazione. È vero, in questi anni, per noi giornalisti missionari è stato più facile raccon- tare di sviluppo, di giusti- zia e di pace che dell’e- sperienza di fede che vi- vono i missionari. Questi ultimi spesso hanno pu- dore a raccontare della vera forza che li anima dentro, l’amore per Gesù Cristo. In più anche noi abbiamo forse un’ecces-

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