Missioni Consolata - Marzo 2015

cui acronimo in inglese è, ap- punto, Dac) a cui invece si riferi- scono i dati sin qui riportati. Si tratta dei cosiddetti paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Suda- frica) e di una ventina di altri stati fra cui Emirati arabi uniti, Turchia, Israele, Kuwait. La loro quota d’in- terventi assimilabili all’aiuto pub- blico allo sviluppo perché i criteri per definirlo in questi paesi sono diversi da quelli dell’Ocse - am- monterebbe a quasi 17 miliardi di dollari. L’aiuto fornito da questi stati sembra essere in aumento e il principale donatore è la Cina, con cinque miliardi e mezzo di dollari. Aiuto privato: a quanto ammonta? Una fonte di finanziamento per lo sviluppo in forte crescita è data dai fondi privati: organizzazioni non governative, fondazioni, aziende, associazioni non profit. Secondo le stime dell’Ocse, nel 2011 questi fondi erano pari a 45 miliardi di dollari, due terzi dei quali provenienti dagli Stati Uniti, il cui aiuto privato allo sviluppo eguaglia quello pubblico. Oltre la metà dei fondi provengono dalle organizzazioni non governative, mentre il resto è diviso abba- stanza equamente fra fondazioni e donazioni da parte di aziende. Questo tipo di finanziamento sta ricevendo crescente attenzione è effettivamente registrata, ce ne sono altri nei quali questi flussi di denaro hanno anche creato spe- requazioni nella distribuzione del reddito. Evidentemente molto di- pende dalle decisioni politiche lo- cali nei paesi beneficiari e dal grado di consapevolezza e re- sponsabilità con cui questa fonte di ricchezza viene gestita. L’aiuto pubblico allo sviluppo ha invece in questi miglioramenti sistemici il proprio principale obiettivo; il di- battito semmai è su quanto effica- cemente lo raggiunga. I primi dieci paesi beneficiari del- l’aiuto pubblico allo sviluppo sono l’Afghanistan, con cinque miliardi di dollari, seguito da Myanmar, Viet Nam, India, Indonesia, Kenya, Tanzania, Costa d’Avorio, Etiopia e Pakistan. I dieci principali dona- tori sono gli Stati Uniti, con 31 mi- liardi di dollari, seguiti da Regno Unito, Germania, Giappone, Fran- cia, Svezia, Norvegia, Paesi Bassi, Canada e Australia; ma a superare la soglia dello 0,7 per cento del prodotto interno lordo destinato all’aiuto (fissata dalle Nazioni Unite nella Dichiarazione del mil- lennio come impegno da realiz- zare entro il 2015) sono solo Nor- vegia, Svezia, Lussemburgo, Dani- marca e Regno Unito. Un discorso a parte meritano poi i paesi cosiddetti non Dac, cioè non membri del comitato per l’assi- stenza allo sviluppo dell’Ocse (il da parte dell’Ocse e degli altri enti che si occupano di misurare il polso della cooperazione allo svi- luppo. Questo perché, se è vero che la quantità di fondi è relativa- mente limitata a confronto con i flussi di cui abbiamo parlato prima, è anche vero che - come l’aiuto pubblico e a differenza di rimesse e investimenti - ha come scopo dichiarato proprio lo svi- luppo e ha quindi un potenziale molto più elevato di incidere su quello rispetto ad altri tipi di ri- sorse in entrata nei paesi benefi- ciari. Si tratta però di una categoria della quale è difficile tracciare contorni chiari sia per quanto ri- guarda i soggetti, che vanno da colossi come la Bill & Melinda Ga- tes Foundation alle piccole realtà associative, sia relativamente al- l’impatto e alla tracciabilità dei fondi erogati, cioè a quanto e come questi fondi arrivano ai be- neficiari finali. In mancanza di dati certi, è molto difficile inserire questa risorsa nella programma- zione degli interventi di coopera- zione: se si tratta di un ente come la Gates Foundation , infatti, il suo contributo ai programmi di coo- perazione è noto e spesso coordi- nato con quello dei partner pub- blici. Ma nel caso del volontariato, delle piccole associazioni, delle realtà meno strutturate, la pre- senza di forme di coordinamento MARZO 2015 MC 63 • Cooperazione | Aiuto pubblico allo sviluppo | Aiuto privato • MC RUBRICHE

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