Missioni Consolata - Marzo 2015

Di più: infame fu la spari- zione di bambine e bam- bini, una pratica impie- gata come strategia mili- tare controrivoluzionaria. Nei suoi 20 anni di esi- stenza, Pro Búsqueda ha registrato 934 casi di se- parazione forzata di bambini dai loro genitori durante la guerra del Salvador. A tutt’oggi è riuscita a trovare 392 di loro. Il lavoro di Pro Búsqueda si riferi- sce a quei bambini che furono fatti sparire dalle loro famiglie, rivendican- do i loro diritti violati e servendo da tramite fra le famiglie biologiche e quelle adottive. I bambini furono consi- derati un bottino di guer- ra che generò sostanzio- si benefici economici a favore di coloro che ne fecero motivo di com- mercio. Durante la guer- ra del Salvador si creò u- na rete di adozioni illega- li con la complicità di militari, funzionari pub- blici, avvocati, responsa- bili di orfanotrofi e addi- rittura di volontarie della Croce Rossa del Salva- dor. Il nostro paese fu tra quelli che realizzarono più adozioni internazio- nali negli anni ’80. In quel periodo gli Stati U- niti emisero più di 2.300 visti di adozioni per bam- bini del Salvador. Furono adottati numerosi bam- bini anche in Europa, specialmente in Italia. Pro Búsqueda non pos- siede dati esatti sul nu- mero di adozioni di bam- bini salvadoregni in Italia durante la decade degli anni ’80. Tuttavia in Italia sono stati risolti già 39 casi. La collaborazione delle autorità italiane per conoscere il numero e- satto di adozioni nel pae- se sarebbe di vitale im- portanza per capire la di- mensione del fenomeno dell’infanzia scomparsa in El Salvador. La sparizione di questi bambini e la loro succes- siva adozione fraudolen- ta ha violato i loro diritti fondamentali e anche quelli dei loro genitori biologici e adottivi. Si è strappato ai genitori bio- logici la cosa più prezio- sa della loro vita e ai bambini si è negato il di- ritto alla loro identità, a rimanere con la loro fa- miglia e, oggi, a sapere quali sono le loro origini. Si è abusato anche della fiducia e della buona vo- lontà di molti genitori a- dottivi che non erano a conoscenza delle irrego- larità che venivano com- messe in El Salvador. L’aiuto delle autorità ita- liane permetterebbe di avanzare nella risoluzio- ne di molti casi che ri- mangono irrisolti. Non sarebbe solo un gesto di umanità verso le vittime salvadoregne di questo orribile crimine, ma an- che di responsabilità verso i suoi obblighi in- ternazionali, come quelli contenuti nella Conven- zione Internazionale sui Diritti del Bambino, rati- ficata dall’Italia e da El Salvador. Inoltre sarebbe un sana- re un debito verso tutti quei cittadini italiani di o- rigine salvadoregna che vogliono ricostruire il lo- ro passato e la loro iden- tità. E diventerebbe me- no pesante il fardello di tutti quei genitori che continuano a cercare i lo- ro figli scomparsi. Asociación Pro Búsqueda de niñas y niños desaparecidos www.probusqueda.org.sv email, 21/11/2014 CHE SENSO HA LA MISSIONE, OGGI? (N.B.: i titoletti nel testo sono redazionali) Rev. Padre, lasci che un quasi set- tantenne utilizzi ancora anche lui una lettera car- tacea vista la mia poca dimestichezza con il computer (che, tuttavia, sia chiaro, non demoniz- zo!). Scrivo in merito al 6 MC MARZO 2015 redazione@rivistamissioniconsolata.it mcredazioneweb@gmail.com suo editoriale apparso sul numero di novembre del 2014, che un mio ca- ro riceve e che poi mi passa. Concordo circa il dolore nell’apprendere della cessazione di una pubblicazione missiona- ria, né è mia intenzione fare analisi socio-econo- miche sul continuo de- crescere dell’amore alla lettura o - quanto meno - nei confronti della carta stampata. Mi conceda alcune rifles- sioni in cui, le assicuro, non vi è la più piccola parte di polemica. La missione, un tempo Quando ero giovane, e anche desideroso di far- mi missionario, lo scopo delle missioni e della vo- cazione missionaria, era chiarissimo a tutti: por- tare il cristianesimo (il cattolicesimo) a popoli che ancora non avevano avuto la gioia di cono- scerlo. In parole povere, anche se oggi il termine non è politically correct : convertire. Alle foto di al- lora, con il padre missio- nario con la sua veste bianca, il casco coloniale, una bella lunga barba, facevano seguito reso- conti del tipo, quanti vil- laggi visitati, quante cap- pelle aperte, quanti bat- tesimi celebrati, quanti matrimoni. In altri termi- ni tutta una relazione cir- ca l’apostolato del con- vertire. Forse, anzi, to- glierei anche il forse , in quelle relazioni emerge- va una dose di trionfali- smo, ma il lettore alme- no aveva le idee chiare, forse troppo semplicisti- che, ma chiare. La missione oggi Poi venne il Vaticano II (e qui, prima di andare a- vanti vorrei precisare che considero quel concilio un vero dono di Dio) e le grandi attese: seminari pieni e vocazioni a valan- ga. Ma per motivi che non so spiegarmi, poco per volta avvenne l’esatto contrario. Torno all’aspetto delle missioni e dei missiona- ri. Si cominciò col dire che lo scopo delle mis- sioni non era quello di convertire, bensì «testi- moniare», e qui la chia- rezza dei concetti inco- minciò ad annebbiarsi. Poi un sempre e cre- scente impegno del mis- sionario nel creare pozzi, forme nuove di agricoltu- ra, sviluppare artigiana- to, occuparsi della pro- mozione della donna, prendersi cura della gio- ventù e tante altre belle cose che sicuramente o- gni missionario curava anche prima, ma che e- rano secondarie all’e- vangelizzazione. Poi tutta un’altra serie di messaggi belli, sì, ma forse non ben spiegati al popolo cristiano. Anch’io mi sono commosso a ve- dere le foto delle grandi preghiere ecumeniche ad Assisi, ma il messag- gio che è giunto è stato Conosci lo sfogliabile di MC? Scoprilo online su www.rivistamissioniconsolata.it

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