Missioni Consolata - Marzo 2015

MARZO 2015 MC 37 DOSSIER MC RUMURUTI cooperative di contadini senza terra di ogni prove- nienza, privilegiando a volte questo o quel gruppo etnico. L’area divenne anche zona di rifugio per tanti altri cacciati dalle proprie regioni a causa dei conflitti etnici che di tanto in tanto ancora oggi infiammano il Kenya. Tra questi, le famiglie di rifugiati provenienti dalla Rift Valley per cui la Conferenza episcopale del Kenya ha acquistato i terreni nel 2008. La «strada remota» Il tranquillo villaggio di Rumuruti, così racconta la storia, fu scelto dal governo coloniale inglese come stazione amministrativa e sede di una grande prigione per la sua posizione a un impor- tante incrocio di strade. Ma da dove viene questo nome? Si racconta che i coloni bianchi, i quali re- golarmente facevano la strada da Nyahururu a concentramento di proprietari non africani, so- prattutto della nuova «aristocrazia» inglese e americana. Con loro ci sono alcuni baroni locali, politicamente molto influenti. Venti proprietari possiedono il 74% di tutta la terra disponibile. Ci sono circa 36 grandi e piccole proprietà che vanno dai piccoli ranch o fattorie da 5.000 acri (20 km 2 ), a enormi estensioni dagli orizzonti infiniti di oltre 100.000 acri (400 km 2 ). Molte di queste proprietà sono oggi trasformate in santuari per gli animali e meta di turismo. Una delle proprietà più grosse, il Laikipia Ranch , di 100 mila acri (oltre 400 km 2 , 40.000 ettari, chiamato anche Ol Ari Nyiro Ranch , fattoria delle acque nere), appartiene alla «baronessa» Kuki Gallman, una scrittrice italiana naturalizzata in Kenya, che comperò l’area nel 1974 trasformandola poi in un santuario per gli animali selvatici, con esemplari del raro rinoce- ronte bianco e della bellissima zebra grevy dalle strisce sottili, che sono a rischio di estinzione. La proprietà confina con la missione di Rumuruti. Finito il colonialismo, i Maasai e Samburu comin- ciarono a ritornare con le loro mandrie in quelle terre che loro considerano ancestrali, tollerati dai ricchi latifondisti che chiusero gli occhi al sorgere di piccoli insediamenti ai margini delle loro pro- prietà, nelle ampie aree riservate alle strade (da costruire), anche per rispondere ai bisogni dei loro lavoratori. Presto tornarono anche altri pa- stori nomadi, come i Borana e i Somali da Est, i Kalenjin e i Pokot da Ovest, i Turkana e gli Ndorobo (cacciatori e raccoglitori nelle grandi foreste) da Nord, attirati dai grandi pascoli offerti dal plateau . Sor- sero qua e là dei piccoli agglomerati di povere costruzioni in legno in stile Far West : qualche bottega in cui si trovava di tutto, gl’imman- cabili bar, una scuoletta-asilo - che all’occasione diventava an- che cappella - costruita dai missionari. Poi negli anni Ottanta si cominciarono a vendere alcune delle grandi pro- prietà. Suddivise in centinaia di piccoli appezzamenti per renderne il costo accessibile, furono vendute a società

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