Missioni Consolata - Marzo 2015
COLOMBIA 26 MC MARZO 2015 Un europeo che vive in Europa può cercare di vivere seguendo il Buen vivir ? Per non indigeni che si ritrovano in quei principi, è possibile? «Concretamente penso di sì. Per- ché se i popoli indigeni sviluppano una proposta del Buen vivir , altri popoli la sviluppano a partire dalla loro visione. Non è una pro- posta per soli popoli originari americani nel loro contesto. Il Buen vivir lo può ricercare ognuno di noi a partire da quello che è e dai mezzi che ha. Credo che popoli come gli europei che hanno camminato molto nel mondo con il tempo lineare, do- vrebbero iniziare a vedere il tempo in modo diverso. Noi lo ve- diamo come una spirale, cioè stiamo andando avanti ma sem- pre guardiamo ai nostri principi. Gli europei, inoltre, devono ini- ziare a vedere il tempo con più lentezza, perché ricostruire una spiritualità richiede di fermarsi a pensare. Così potrebbero impa- rare alcune cose da altri popoli, come quelli indigeni. Ma è una co- struzione che devono fare nel proprio popolo, non copiando un modello, ma riflettendo. Come hanno fatto i Nasa e come io fac- cio il mio Buen vivir , nel mio con- testo, con il mio popolo, i miei co- stumi e i miei principi. È fonda- mentale capire che ci sono diffe- renze. Il popolo indigeno non vuole in- fluenzare tutti i popoli e farli di- ventare uguali a sè, o fare sì che gli altri pensino come indigeni. Ognuno parta dal suo contesto, ma che lo faccia considerando i principi fondamentali. Come quello di non abbandonare la na- tura. Durante migliaia di anni l’uomo ha cercato di uscire dalla natura, utilizzarla. Credo che debba tornare un po’ verso di essa». Marco Bello ______________ MC ha già pubblicato più volte sul Buen vivir , in particolare in MC 3/2012, p. 55 e nel dossier di MC 10/2014. grazie a elementi che i saggi e le guide spirituali conservano, per partire da lì e confezionare una proposta educativa nella realtà di oggi, per scuole, collegi, univer- sità. Dal nostro punto di vista pos- siamo fare una proposta distinta e focalizzata sui popoli indigeni. Per fare un esempio: cambiare l’aula o i docenti, per fare un corso non tra le mura ma nella na- tura. Chi insegna non è solo la maestra, ma anche la natura stessa. Leggere in un’altra ma- niera. L’educazione superiore che per gli occidentali è l’università, per noi è un saggio della comunità. Per i pa- rametri occidentali don Elicerio non ha studiato, ha fatto la se- conda elementare. Ma per noi ha una conoscenza che va oltre a quella che ha un docente universi- tario. E la sua sapienza giunge da molta esperienza e conoscenza. Non li possiamo confrontare, ma vale la pena vedere la differenza». # Sotto : sede del Cecidic. Da sinistra: Diego, Elicerio, una ragazza del Centro e il volontario Giacomo Cantini, autore delle foto di questo servizio.
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