Missioni Consolata - Marzo 2015
MC ARTICOLI nualmente accompagniamo più di 1.000 giovani in modo diretto. In- vece indirettamente il Cecidic ha un impatto ogni anno su 5.000 persone nel territorio». Quali contatti ci sono tra il Buen vivir e la religione cattolica? In particolare, un cattolico può per- seguire questo cammino? In America Latina esiste una teolo- gia (cattolica) indigena, che pro- muove proprio il Buen vivir ? «Nella nostra comunità ci sono in- digeni che seguono la spiritualità cristiana sia dei cattolici sia degli evangelici. Ma penso che la rifles- sione da fare sia più profonda, ov- vero tornare a principi che non pongano l’uomo al di sopra di tutto. L’uomo in relazione con Dio e con la natura e non unicamente in relazione con Dio. Come ab- biamo detto è fondamentale nel Buen vivir riconoscere l’esistenza della natura e di tutto quello che abbiamo intorno. E vedere che tutto ha una spiritualità. Molti compagni indigeni lo fanno. È quello che vive la maggioranza dei Nasa, come essere umano in rela- zione con la natura. C’è poi il sin- cretismo con la religione cattolica, che si esprime con la celebrazione di riti, come il battesimo o la co- munione». I Cristiani si interessano della na- tura, parlano di salvaguardia del creato. Non solo l’uomo e Dio, ma tutto l’ecosistema nel suo in- sieme. «Per il popolo Nasa occorre an- dare in profondità: studiare una proposta a partire da un’episte- mologia indigena del pensiero in- digeno originario. Non si può ne- gare che sia presente anche un pensiero parzialmente non indi- geno, formato da principi religiosi (occidentali, ndr ), ma è impor- tante capire che esistono queste due concezioni. Ci sono fratelli in- digeni che praticano molti rituali, vivono la “comunitarietà” (vivere in comune, ndr ) e il Buen vivir . I cui principi non sono nella reli- gione cattolica. Quello che stiamo proponendo nel movimento indi- geno è la ricerca dei principi del popolo Nasa. Ad esempio: abbiamo subìto 500 anni di conquista europea. Noi ci chiediamo come saremmo oggi se avessimo avuto 500 anni di svi- luppo non interrotto come popolo Nasa, senza religione cattolica. È una riflessione molto profonda, e c’è spazio per ricercare e ap- profondire. Alcune persone lavorano su que- sto tema, chiamandolo “indigeni- smo”, ovvero prendere dalle ori- gini la proposta indigena, in vari settori. Ad esempio nell’ambito giuridico, quella che si chiama “giustizia propria”, poi la “educa- zione propria”, la concezione della salute, ecc. Si lavora molto con i “saggi ance- strali”, come don Elicerio, che hanno esperienza con le questioni spirituali, e hanno una profondità maggiore di quella degli indigeni cattolici. I guardiani della “spiri- tualità propria” sono coloro che, nonostante i 500 anni di conqui- sta, sono riusciti a tenere tutte le conoscenze e la saggezza ( savidu- ria ) ancestrale, trasmettendola di padre in figlio. È un’eredità che non abbiamo perso. Io ad esempio lavoro nell’educa- zione cercando di realizzare prati- che pedagogiche e didattiche in direzione della cosiddetta educa- zione propria. Io parto dalla cono- scenza ancestrale». Cosa intende per educazione pro- pria? «È una proposta del popolo Nasa e di altri popoli originari in Ame- rica Latina. Sosteniamo che prima del sistema educativo dello stato colombiano, prima della conqui- sta europea, noi avevamo un’edu- cazione derivante dalla nostra maniera di vedere il mondo, la no- stra “cosmovisione”. Facciamo ri- cerca su come fosse questa edu- cazione prima della conquista, MARZO 2015 MC 25
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=