Missioni Consolata - Marzo 2015
12 MC MARZO 2015 cristiano che lascia la propria dio- cesi per annunciare il Vangelo non è perso, è donato. In questo dinamismo, aiutiamo pure gli Istituti Missionari a rima- nere se stessi, fedeli all’azione missionaria ad gentes e ad vitam. Ben lungi dall’aver esaurito il pro- prio compito, essi devono piutto- sto avere ancor più ampia inci- denza nella Chiesa come memo- ria della missione, come stimolo di animazione missionaria, e come richiamo alla responsabilità che la Chiesa tutta ha nell’evan- gelizzazione universale. • Oltre i confini. Aiutiamoci anche da un punto di vista missionario a sentirci Chiese locali «in rete», per creare colla- borazioni missionarie che travali- chino i confini delle diocesi. Soprattutto - ma non solo - nelle diocesi più piccole o nelle regioni che fanno più fatica a sostenere da sole esperienze di coopera- zione missionaria ad gentes , si sperimentino e si incrementino esperienze interdiocesane e/o in- terregionali di invio comune di laici, sacerdoti e religiose, magari con il sostegno formativo ed eco- nomico di diocesi che storica- mente hanno una tradizione più assodata di invio missionario. «Travalicare i confini» significa an- che creare un lavoro di rete con • Nelle parrocchie. Aiutiamoci a «narrarci» nelle par- rocchie e nel mondo della scuola (a ogni livello e grado di istru- zione), della cultura e del lavoro. Aiutiamoci a raccontare, a dire senza paura ciò che abbiamo spe- rimentato soprattutto in rela- zione ai contatti con altre culture e altri modi di vivere la fede. In questo ambito sono fonda- mentali le figure dei missionari rientrati, definitivamente o per periodi brevi, e di quei giovani di ritorno da esperienze più o meno prolungate di missione. Come ha ricordato ancora Papa Francesco incontrandoci in udienza durante il convegno: questo non si fa per proselitismo, ma per comunicare la gioia dell’incontro con il Signore. • Nelle diocesi. Aiutiamoci a non perdere lo spi- rito dell’ ad gentes e, di conse- guenza, a continuare a mandare laici, religiosi, sacerdoti che - in- viati da una Chiesa a un’altra Chiesa - vivano un’esperienza di cooperazione e di annuncio. Non può essere che, dopo nep- pure sessant’anni dalla promulga- zione dell’enciclica Fidei Donum , questa figura di cooperazione missionaria debba essere desti- nata a morire. Non può essere che (dopo una storia così gloriosa come quella italiana) non esi- stano più vocazioni alla missione «ad vitam»: se ciò avviene all’in- terno della Chiesa - che per sua nascita e natura è missionaria - si- gnifica che c’è qualcosa da sanare alla radice. Occorre principalmente da parte dei vescovi meno resistenza a in- coraggiare le partenze, perché un ITALIA
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