Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2015
aperto un ulteriore varco per l’in- gresso delle ragazze destinate alla strada: «Una volta inoltrata la richie- sta di riconoscimento dello status di rifugiato», continua suor Bonetti, «le ragazze possono uscire dai centri di identificazione ed espulsione in at- tesa dell’esito. A quel punto vengono intercettate dalla rete criminale, che le fa letteralmente sparire nel nulla per farle riemergere poi sulla strada. Le spese, ingenti, per la richiesta d’a- silo vengono spesso sostenute dalla stessa rete criminale e vanno poi a in- grossare il debito, di solito nell’ordine dei cinquanta/sessantamila euro, che le ragazze dovranno ripagare prosti- tuendosi. Questa dinamica getta una luce sinistra su un sottobosco di per- sone coinvolte nel favorire il mecca- nismo: ad esempio quegli avvocati che suggeriscono alle ragazze di di- chiarare la propria provenienza da zone settentrionali della Nigeria, quelle in preda alla guerra civile, mentre noi, in vent’anni di lotta alla tratta, abbiamo verificato che le donne vengono piuttosto da aree, come Benin City, in cui non c’è nes- sun conflitto che possa dare diritto allo status di rifugiato». Non solo prostituzione Se il caso delle donne nigeriane co- strette a prostituirsi è forse uno dei più riportati dai media, la tratta di es- seri umani è molto più ampia e tocca diverse categorie di persone. Donne e minori specialmente, ma anche uo- scappata, si è messa a camminare lungo i binari della ferrovia ed è arri- vata a una stazione dove ha chiesto aiuto alla polizia. Da lì, grazie alla col- laborazione della moglie del sindaco locale, che parla inglese, la rete che coordino è riuscita a intercettarla e ad assisterla nel realizzare l’unico de- siderio che a quel punto le era rima- sto: tornare a casa». Ma la storia di Hope non è così co- mune: molte di più sono invece le ni- geriane vittime della tratta incapaci di sottrarsi alla catena di violenza che le annichilisce, ai riti vudù che le ter- rorizzano e ai debiti che le inchiodano a un’esistenza in cui l’esperienza di sottomissione le devasta fisicamente e moralmente al punto da non riu- scire più a riprendersi. Non solo. An- che quando le donne riescono a uscire dal «giro» e a regolarizzare la loro posizione entrano in campo una serie di difficoltà: «Noi seguiamo di- verse ragazze che lavorano in Italia con regolare contratto e permesso di soggiorno», spiega suor Eugenia, «ma quando queste persone hanno do- vuto fare il passaporto elettronico l’ambasciata nigeriana ha rifiutato il rilascio di quarantanove documenti, perché il passaporto precedente è ri- sultato falso e l’impronta digitale col- legata è stata utilizzata per falsificare altri documenti. Ora queste donne ri- schiano di perdere permesso di sog- giorno e lavoro». In entrata, inoltre, i meccanismi legati alla richiesta d’asilo hanno di fatto mini di fatto ridotti in schiavitù e co- stretti a svolgere lavori degradanti. Un po’ di dati. Secondo uno studio dell’Organizzazione mondiale del La- voro, nel mondo le persone vittime di lavoro forzato sono quasi ventuno milioni; di queste, nove milioni si tro- vano intrappolate nelle reti delle nuove schiavitù in seguito a una mi- grazione, interna o esterna. È difficile dire quante di queste siano vittime di tratta, le persone cioè reclutate e tra- sportate attraverso varie forme di violenza o di inganno per scopi di sfruttamento sessuale o lavorativo. Un rapporto di Save the Children del 2008 stimava che tali vittime fossero quasi tre milioni, di cui l’ottanta per cento donne e minori, per un giro d’affari che secondo le Nazioni unite arriva a trentadue miliardi di dollari l’anno. Secondo Eurostat, la direzione gene- rale della Commissione europea inca- ricata di fornire alle istituzioni euro- pee i dati statistici relativi ai paesi dell’Unione, in Europa nel triennio 2010-2012 le vittime della tratta do- cumentate - cioè note alle autorità perché il crimine è in qualche modo emerso - sono state più di trentamila, l’ottanta per cento delle quali donne. Due terzi delle vittime erano cittadini dell’Unione europea e i primi cinque paesi di provenienza erano Romania, Bulgaria, Paesi Bassi, Ungheria e Po- lonia, mentre i primi cinque paesi ex- tra Ue erano Nigeria, Brasile, Cina, Vietnam e Russia. GENNAIO-FEBBRAIO 2015 MC 75 • Tratta | Diritti | Giustizia • MC RUBRICHE # In basso a sinistra : suore degli Stati Uniti protestano contro la tratta delle persone. Qui a sinistra : poster esposti a Benin City, Nigeria, per informare contro la tratta delle donne.
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