Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2015
AFRICA 62 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2015 colo scorso, creato dal nulla in un habitat e un clima ostili, senza col- laboratori tecnici competenti. Anche se Schweitzer non scoprì nulla in ambito medico, sotto certi aspetti è da considerarsi un pio- niere nel trattamento di alcune patologie tropicali: fu il primo, ad esempio, che introdusse nell’Africa equatoriale il Promine e il Diasone, due prodotti per il trat- tamento della lebbra. Fu il primo pure a sostituire l’Atoxyl e l’arseno benzolo (farmaci dagli effetti colla- terali pericolosi) con il Germanyl, il Moranyl e il Tryparsamide, mole- cole che, grazie alla scoperta della statunitense dottoressa Pearce, avevano rivoluzionato il tratta- mento della malattia del sonno. Il farmaco venne sperimentato in parallelo da Schweitzer a Lam- baréné e presso l’Istituto Pasteur di Parigi, ed era incredibile vedere quei pazienti riprendersi lenta- mente. Purtroppo sull’impiego del Tryparsamide gravava il dubbio che provocasse lesioni del nervo ottico con conseguente cecità per- manente. Durante un rientro in Europa, Schweitzer frequentò la Clinica Odontostomatologica di Strasburgo per perfezionare le sue conoscenze stomatologiche (ramo della medicina che studia le affe- zioni del cavo orale e dei suoi an- nessi, ndr ). Dopo vari viaggi all’in- terno dell’Europa per tenere con- senteria, Tbc polmonare o ossea, avitaminosi, etc., venivano usate sostanze biochimiche sperimen- tate e prodotte con rigore medico dall’industria farmaceutica d’oltre oceano. Ospedale di riferimento Gli ammalati arrivavano da villaggi che distavano centinaia di chilo- metri dall’ospedale, sia lungo il fiume in canoa, sia percorrendo le piste che attraversavano la foresta vergine. «Dopo un viaggio di 400 o 500 chilometri - osservava Schweitzer - arrivavano in condi- zioni pietose (spesso disperate), affamati, denutriti; e per varie set- timane, prima di operarli, dove- vamo nutrirli e rimetterli in sesto». In mancanza di denaro ai pazienti veniva chiesto un contributo in na- tura e lavoro. Si può immaginare quali fossero le difficoltà di organizzazione e fun- zionamento di un ospedale nel cuore dell’Africa agli inizi del se- A Verrettes, sperduto nel cuore di Haiti, si trova l’Hopital Al- bert Schweitzer Haiti. Lo sta- tunitense Larry Mellon (1910 - 1989), erede di una ricca famiglia di ban- chieri e industriali, e sua moglie Gwen Mellon (1908 - 2000) furono ispirati dal lavoro di Albert Schweit- zer. Leggendo un articolo su di lui pubblicato su Life nel 1947, ne rima- sero colpiti. Entrarono in conttatto con il dottore e intrattennero con lui un fitto legame epistolare fino alla sua morte nel 1965. I Mellon non si fermarono ad am- mirare il lavoro di Schweitzer, decisero di aprire un ospedale nell’emisfero occidentale basato su- gli stessi principi di quello di Lam- barené: curare i più bisongosi con dignità, compasione e rispetto. Larry studiò medicina e la moglie ammini- strazione e nel giugno 1956 l’ospedale fu inaugurato nella bassa Artibonite, zona rurale di coltivatori di riso. L’approccio fu da subito basato sul coinvolgimento co- munitario e sullo sviluppo delle competenze locali. I Mellon passarano il resto delle propria vita all’ospe- dale di Verrettes. L’Hôpital Albert Schweitzer di Haiti compierà 60 anni nel 2016 ed è tuttora uno dei migliori del paese caraibico. Marco Bello L’ospedale Albert Schweitzer ad Haiti Un grande esempio che ha dato frutto
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