Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2015

viduo e sulla sua organizzazione. Esistono foto che lo ritraggono insieme a John McCain, senatore Usa, e a altri leader dei ribelli dell’opposizione si- riana (tra cui noti personaggi di al-Qaida), in una riunione definita «segreta», nel 2013. Secondo un’altra teoria, che circola dal luglio del 2014, e che viene fatta risalire a rivelazioni di Ed- ward Snowden, al-Baghdadi sarebbe un agente del Mossad, il cui vero nome sarebbe Shimon Elliot 10 . Tra tutte queste informazioni contraddittorie, l’u- nico dato certo è che è riuscito a catalizzare il con- senso di migliaia (milioni?) di sunniti tra Iraq, Siria, mondo arabo-islamico e Occidente, e che le sue bande ammazzano con una crudeltà assoluta. Il califfato nella tradizione islamica Il ruolo arrogatosi da al-Baghdadi, che nel già ci- tato video del sermone alla grande moschea di Mo- sul appare vestito di nero e con il turbante, a indi- care il legame con la tradizione del califfato, rap- presenta un’importante istituzione nella storia della civiltà islamica. Secondo la tradizione, nella figura del califfo ( khalîfa , «vicario») convergono le funzioni di comando/conduzione dello «stato» ( imâra ) e quella religiosa «sacerdotale» ( imâma ). «Stato» e «Chiesa», «secolare» e «religioso», in arabo: dunya wa din . Per espletare tale compito egli deve possedere caratteristiche specifiche. Nel trattato «al-Ahkâm al-sultâniyya» (Le leggi del governo/ governance islamico) 11 , Abu al-Hasan Ali ibn Muhammad ibn Habib al-Basri al-Mawardi, noto giurista musulmano vissuto nell’anno Mille, in Iraq, traccia un elenco di doti necessarie al califfo, tra cui: 1) giustizia; 2) sapere e conoscenza dell’arte di governare; 3) sanità di corpo e mente; 4) capa- cità di governare e agire per il bene collettivo (e non per i propri interessi, della propria famiglia, clan o gruppo); 5) coraggio nel tutelare e proteg- gere il proprio paese, e condurre l’eventuale jihad contro il nemico o chi attenti all’incolumità del wa- tan (territorio, paese) o della ummah (comunità); 6) discendenza dai Banu Quraysh (il clan cui ap- parteneva il profeta Muhammad). Nonostante il suo successo presso certi ambienti musulmani, al-Baghdadi non sembra proprio pos- sedere alcuna di queste caratteristiche, anzi, le sue azioni criminali contro i «deboli» e le minoranze, da sempre protette nella tradizione islamica, lo col- locherebbero fuori dalla via ortodossa. E ricorde- rebbero più un dajjal (mentitore, impostore) che un khalifa . È in questa ottica, forse, che oltre 126 tra teologi, mufti e dottori in scienze islamiche di tutto il mondo hanno scritto una lettera aperta a al-Baghdadi accusando lui di essersi autoprocla- mato califfo, il suo movimento di pratiche che «non hanno nulla a che vedere con l’Islam», e entrambi di «atroci crimini di guerra e violazione dei principi fondamentali dell’Islam, di uso ignorante delle scritture islamiche separate dal loro contesto, di perversione delle regole morali e della shari’a (la legge islamica). Le colpe dell’Occidente: ieri finanziati, oggi terroristi Nonostante l’Islam predicato da questi gruppi vio- lenti e intolleranti si ponga al di fuori della tradi- zione ortodossa islamica, al-Baghdadi, attrae mi- gliaia di persone in tutto in mondo. Dalla stessa Eu- ropa in questi anni sono partiti centinaia di ragazzi musulmani, tra immigrati e convertiti, per fare il «jihad» contro la Libia di Gheddafi e poi contro la Siria di Assad. Non è stato difficile, fino ad ora, trovare su internet e nei social network commenti e post di giovani e adulti che sostenevano le operazioni belliche con- tro questi paesi, e che, incoraggiati da predicatori via Tv e web, si dicevano pronti a partire per la «guerra santa» contro il nemico di turno. Fino all’inizio del 2014, non c’era quasi nessun quo- tidiano o Tg che fosse disposto a fare reportage sulle stragi delle organizzazioni jihadiste anti-As- sad, in Siria, in quanto ai tempi esse lavoravano in collaborazione con la coalizione occidentale e araba. È solo recentemente, con l’occupazione da parte delle truppe di al-Baghdadi di vaste porzione dei territori siriani e iracheni, che l’ex alleato è diven- tato il «nemico n. 1» dell’Occidente e dell’umanità intera. Come scrive Ghassan Michel Rubeiz in The Arab daily news 12 , «la radice-causa del sistema di ter- rore in Medio Oriente è difficile da sradicare. La causa è alimentata dalle rivalità tra sunniti e sciiti, dalla povertà, dalla disoccupazione, dalle dinastie dispotiche, dalle umiliazioni politiche e dalle inter- ferenze straniere negli affari locali. Il sistema di credenza dell’Is si basa su tre idee: l’Islam è la solu- zione; l’Occidente è responsabile per la maggior parte di ciò che va storto in Medio Oriente; i gover- nanti locali sono agenti cooptati dall’Occidente». In un video, l’ex segretario di stato Usa Hillary Clinton afferma che al Qa’ida fu creata dalla Cia: «La gente con cui combattiamo oggi l’abbiamo fi- nanziata 20 anni fa» 13 . Analogamente, alla domanda se non fossero dispia- ciuti di aver sostenuto il fondamentalismo islamico e i futuri terroristi con armamenti e addestra- mento, Zbigniew Brzezinski ha risposto: «Cos’è stato più importante per la storia del mondo? I Ta- liban o il collasso dell’impero sovietico? Alcuni mu- sulmani agitati o la liberazione dell’Europa cen- trale e la fine della guerra fredda?» 14 . Secondo l’economista e storico canadese, Michel Chossudovsky 15 , ci sono prove della cooptazione del fondamentalismo islamico nel progetto di «nuovo ordine mondiale», rilanciato dall’ammini- strazione Usa durante il discorso del Cairo, il 4 giu- gno del 2009 16 . Alla fine del 2010 cominciarono i preparativi per far sì che la religione islamica diventasse uno stru- mento della politica estera degli Stati Uniti, attra- verso la manipolazione di partiti e movimenti mu- sulmani. GENNAIO-FEBBRAIO 2015 MC 45 DOSSIER MC IS

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