Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2015

Col passare dei mesi, la situazione si è lentamente normalizzata, ma il dibattito interno su cosa fare ha assunto toni sempre più allarmati. Per dare un segnale forte, il go- verno di Sofia ha deciso di ordi- nare l’innalzamento di una bar- riera di rete e filo spinato lunga più di trenta chilometri sul con- fine, per fermare o almeno con- trollare il fenomeno, a imitazione di quanto già fatto dalla Grecia al- cuni anni fa. Nelle politiche di chiusura della «fortezza Europa» la Bulgaria non è certo da sola, né la principale protagonista. In questo angolo del continente, però, è difficile non cogliere l’amara ironia del destino nel ribaltamento avvenuto in poco più di vent’anni. Fino al 1989 bar- riere e reticolati sui confini bulgari servivano a sbarrare la via a chi tentava di uscire dal mondo erme- tico del regime totalitario. Sman- tellati nel nome degli ideali euro- pei, oggi nuovi muri vengono nuo- vamente levati, sempre in nome dell’Europa, ma per un obiettivo molto meno ideale: tenere lon- tano ospiti sgraditi. Francesco Martino BULGARIA 20 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2015 rato come priorità assoluta, è oggi mestamente scomparso dal di- scorso pubblico in Bulgaria. La discussione sui confini e il loro attraversamento è però tornata al centro dell’attenzione, in modo drammatico ed inaspettato, a par- tire dalla metà del 2013. Spinti alla fuga dal deteriorarsi della situa- zione mediorientale, e soprattutto dagli orrori della guerra civile in Si- ria, migliaia di profughi e richie- denti asilo hanno infatti iniziato a varcare il confine tra Turchia e Bul- garia, nella ricerca di una via di fuga. Per molti, la Bulgaria, con- fine esterno dell’Unione europea, è soltanto una tappa verso la de- stinazione sognata, di solito la Germania o i paesi scandinavi, dove sperano di ricostruire la pro- pria vita. Il paese balcanico, terra di fortis- sima emigrazione e relativa po- vertà, si è fatto trovare del tutto impreparato ad accogliere la massa di disperati che bussavano alla sua porta. I pochi centri di ac- coglienza sono diventati in breve sovraffollati e ingestibili, e il ri- schio di una catastrofe umanitaria s’è presto delineato all’orizzonte. # Sopra : la barriera anti immigrati eretta lungo il confine. A destra : bambini nel campo profughi di Voenna Rampa. S CHEDA O BC O SSERVATORIO B ALCANI E C AUCASO N ato nel 2000, con sede a Rovereto (Trento), l’«Osserva- torio Balcani e Cau- caso» (Obc) si oc- cupa dei paesi del Sud-Est europeo e di quelli appartenenti all’area post- sovietica. Segue in totale 26 stati at- traverso 50 corrispondenti in loco, che vanno ad aggiungersi a giornali- sti, ricercatori e studiosi. L’approccio di lavoro è multimediale e multilingue. Il suo portale web raggiunge un pub- blico di oltre 130.000 visitatori unici ogni mese. Oltre ai riconosciuti meriti d’informazione e ricerca, l’Obc pre- senta altre due peculiarità di rilievo: è finanziato da entità pubbliche (in pri- mis, dalla Provincia autonoma di Trento) e lavora in modalità Copyleft. Sito: www.balcanicaucaso.org Q uesta è la quinta puntata della col- laborazione tra Obc e MC, dopo quelle su Transnistria (luglio 2014), Moldavia (ottobre 2014), Cecenia (no- vembre 2014) e Bielorussia (dicembre 2014).

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=