Missioni Consolata - Dicembre 2014

DICEMBRE 2014 MC 73 MC RUBRICHE ria, «perché molti ragazzi non sanno che cosa c’è dietro a quello che loro vivono come un gioco, o una bravata, quando vanno con queste ragazze». L’emergenza sbarchi A questi problemi che Palermo af- fronta da anni, negli ultimi mesi si è aggiunta un’ondata di sbarchi di mi- granti direttamente al porto della città. «In un altro momento avrei po- tuto riceverti nel mio ufficio alla Cari- tas», scherza la missionaria combo- niana, «ma adesso non ce l’ho, un uf- ficio: c’è qualcuno che ci dorme den- tro». La Caritas gestisce cinque centri di accoglienza in città; in uno di que- sti, il San Carlo e Santa Rosalia, a dieci minuti a piedi da Ballarò, lavora Giu- seppe Giambusso operatore del cen- tro d’ascolto e referente dell’Osser- vatorio diocesano delle povertà e delle risorse. «Con l’inizio degli sbar- chi a Palermo», racconta Giuseppe in uno dei rari momenti di pausa «sono passati dai centri Caritas oltre tremila migranti. Solo il San Carlo serve poco meno di duecento pasti al giorno, è un momento di piena emergenza». Il San Carlo e Santa Rosalia assistono sia migranti che palermitani e, «in controtendenza con il dato nazionale, qui sono i secondi a rappresentare il gruppo più nutrito: tre quarti delle persone che si rivolgono a noi sono di qui e il profilo tipico è quello del lavo- ratore cinquantenne - muratore, ban- conista e simili - che ha perso il pro- prio impiego e che ha un curriculum troppo poco qualificato per trovare un’altra occupazione». Una città nella città ha bisogno di una casa La situazione abitativa della città quanto agli alloggi è drammatica, con le graduatorie per l’assegnazione di case popolari bloccate al 2004 e quattordicimila famiglie in lista d’at- tesa: «Praticamente un paese, una piccola città dentro la città fatta di persone che hanno bisogno di una casa». Il fenomeno delle occupazioni abusive a Palermo e provincia inte- ressa circa tremila appartamenti del comune o dell’Istituto autonomo case popolari, mentre cinquecento famiglie hanno di recente occupato edifici abbandonati o dismessi (isti- tuti religiosi, ex caserme, scuole). «Ci sono anche zone periferiche», continua Giuseppe, «dove si concen- tra il disagio, ad esempio Borgo Nuovo, oppure lo Zen, dove via Lanza di Scalea - che divide i casermoni ocra e grigi e la spazzatura dello Zen dalla zona delle ville e lascia poi il posto agli ordinati condomini e ai vivaci ne- gozi di via Strasburgo - è un vero e proprio muro invisibile che divide due mondi». Ma i migranti tendono a pre- ferire il centro anche per una que- stione logistica: «La rete dei trasporti di Palermo è fatta a raggiera; questo significa che per arrivare da un punto all’altro della periferia, anche dallo stesso lato della città, bisogna co- munque passare dal centro e cam- biare mezzo. Per chi lavora in perife- ria, quindi, è preferibile vivere in cen- tro per ridurre il numero di cambi e quindi i tempi di spostamento, che nel traffico di Palermo possono es- sere davvero lunghi». L’ufficio immigrazione del comune, guidato dalla dottoressa Laura Pur- pura, collabora attivamente con enti e associazioni impegnate nell’acco- glienza. Ma la crisi economica e la scarsità dei fondi comunali e europei hanno certamente acuito la gestione, oggi emergenziale, del disagio urbano. «Ci sono anche realtà dove le cose vanno un po’ meglio», racconta suor Abrehet Petros, religiosa di origine eritrea e consorella di suor Valeria. «Ad esempio la comunità ghanese, che io seguo in parrocchia a San Ni- colò di Bari, è qui da vent’anni e molto organizzata. Qualcuno ha an- che aperto negozi e attività qui a Bal- larò e ora stanno cominciando i primi tentativi di creare cooperative per importare prodotti dal Ghana». Chiara Giovetti

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