Missioni Consolata - Dicembre 2014
DICEMBRE 2014 MC 59 un amico sacerdote a Bologna, ebbe l’occasione di incontrare monsignor Ambrogio Ravasi, ve- scovo di Marsabit. L’Africa quindi era tornata a bussare alla sua porta. E Giorgio decise di aprirla. I sogni che aveva accarezzato da bambino e da ragazzo non erano scomparsi. Rinati, con un animo nuovo, quei sogni erano pronti per essere realizzati. Decise così di partire per il Kenya, destina- zione Sololo, un posto molto lon- tano da Nairobi, al confine con l’Etiopia. Là dove si entra in un mondo diverso, nel quale è facile toccare il nulla e dove quel nulla è realtà. Un luogo sperduto, dove solo il coraggio dei missionari aveva permesso alla gente locale di cullare la speranza di una vita migliore. Giorgio si preparò al meglio perché sapeva che avrebbe dovuto fare di tutto: l’a- nestesista, il rianimatore, il chi- rurgo, il ginecologo, l’urologo. La gente arrivava da lontano, di giorno e di notte, e portava i ma- lati come poteva. Con carriole, barelle fatte a mano, in braccio. Giorgio era sempre pronto a pre- stare soccorso. E se la stanchezza si faceva sentire, ritrovava il vi- gore nella gioia di aver salvato un’altra vita. Realizzando un sogno Un giorno, andando verso Nord, Giorgio passò da Archer’s Post dove ero io, missionaria laica. Era molto di fretta, prese un caffè e un bicchiere d’acqua. Ci salutò e sparì dalla nostra vista. Lo aspet- tavano a Sololo dove non c’era nessun altro medico in ospedale, e Giorgio sentiva su di sé tutta la responsabilità di tanti malati che lo attendevano. In quel periodo decise che si sarebbe fermato a Sololo per sei mesi. E solo l’asma lo costrinse a lasciare il conti- nente. L’esperienza africana, vissuta tra i più poveri, fu intensa. A ingene- rare pensieri e riflessioni contri- buirono anche i grandi spazi, le notti silenziose, il cielo tanto vi- cino alla terra da poter contem- plare le miriadi di stelle che lo po- polano. Ma furono i lunghi mo- menti trascorsi insieme a parlare che gli diedero l’opportunità di guardarsi dentro, di ascoltare il suo cuore, di pensare alla sua vita. Scoprendo un tesoro nasco- sto da tanti anni dentro di sé. Era tempo di grandi decisioni. Ri- cordo che una volta, alla fine de- gli anni Novanta, mentre lo ac- compagnavo a Isiolo, mi disse: «Voglio costruire un ospedale Le ferite insanabili di un bombardamento Delle tante esperienze vissute durante quei viaggi che porta- vano speranza e sollievo a molte persone, ce n’è una che più di al- tre rimase nel cuore di Giorgio, e che lo accompagnò per tutta la sua vita. Una mattina alcuni ae- rei bombardarono una scuola. Tante vite innocenti furono spez- zate: bambini devastati dalle schegge, corpi straziati che, in al- cuni casi, fu impossibile curare. Quelle bombe lasciarono una fe- rita profonda nell’animo di Gior- gio. Dopo quell’episodio, ritornò an- cora in Eritrea per qualche mis- sione, ma poi smise, e per lungo tempo lasciò l’Africa ripren- dendo il suo lavoro in Italia. Per anni non pensò più di partire. Nel frattempo era diventato pri- mario all’Ospedale di Comacchio e poi del Delta, sempre nel ferra- rese. Dove è facile toccare il nulla Nel 1997 qualcosa riprese ad agi- tarsi di nuovo nel suo cuore: aveva bisogno di nuove risposte, sentiva di dover trovare qualcosa che ancora mancava alla sua vita. Aiutato da don Tullio Contiero, MC ARTICOLI
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