Missioni Consolata - Dicembre 2014
40 MC DICEMBRE 2014 definisce «onestà intellettuale, che non è solo pre- rogativa del Cern, ma deve essere comune a tutta la scienza. Onestà intellettuale significa che biso- gna evitare i pregiudizi, le scorciatoie, riconoscere costantemente la propria inadeguatezza nel fatto che non si capisce, ma al tempo stesso non bisogna perdere l’ottimismo. Se un esperimento non pro- cede nel verso previsto, non bisogna desistere». È un concetto, questo, che può essere espresso con chiarezza dalle parole di papa Giovanni Paolo II al congresso di cosmologia avvenuto in Vaticano nel 1981 e a cui era stato invitato anche lo scienziato Stephen Hawking. Durante quel convegno il papa ribadì che la scienza poteva indagare su quello che era successo dopo il Bing Bang, ma quello che era successo prima apparteneva a Dio. Stephen Hawking aveva invece formulato una teo- ria per cui il tempo si muoveva in maniera circolare escludendo, dunque, la necessità di un Dio. Il con- cetto, poi, è stato ribadito nel libro Il grande dise- gno : «Poiché esiste la legge di gravità, l’universo può crearsi e si crea dal nulla. La creazione sponta- nea è il motivo per cui c’è qualcosa anziché nulla, per cui l’universo esiste, per cui noi esistiamo! Non è necessario invocare Dio». Questa diversità di vedute non ha impedito alla Pontificia Accademia delle Scienze di nominare Hawking proprio membro nel 1986. Una dimostra- zione in più, se vogliamo, dei tentativi di concilia- zione post-galileana da parte della Chiesa cattolica. Ne è passata di acqua dopo il Concilio e se la reli- giosa Radio Vaticana, in piena contestazione stu- dentesca mandava in onda canzoni come Dio è morto di Guccini o Il Testamento di Tit o di Fabri- zio De André censurate invece dalla vecchia Rai, al- trettanta strada è stata fatta in campo scientifico. È stato ancora papa Benedetto XVI a riabilitare Theilhard de Chardin, facendo propria la «visione che poi ha avuto anche Theilhard de Chardin: alla fine avremo una vera liturgia cosmica, dove il co- smo diventi ostia vivente». Naturalmente questa visione è duramente confu- tata dai creazionisti, la cui popolarità negli Stati Uniti è approdata anche nelle serie televisive. In The Big Bang Theory , Sheldon contesta alla ma- dre, fervente religiosa e creazionista che «L’evolu- zione non è mai stata una opinione, ma un dato di fatto», per poi sentirsi rispondere dalla stessa ma- dre: «E questa è esclusivamente una tua opinione». Eppure le prime speculazioni sul Big Bang sono state sviluppate da due rappresentanti di istitu- zioni dalle idee opposte tra loro: un fisico sovietico, Aleksandr Aleksandrovi Friedman (1888-1925) e da uno scienziato cattolico belga, il gesuita Georges Edouard Lemaître (1894-1966). Entrambe, sebbene in termini diversi ed in modo indipendente l’uno dall’altro, elaborarono una teoria rivoluzionaria: l’universo non è statico e immutabile, bensì in con- tinua evoluzione. Il sovietico Friedman, pur non ar- rivando alla conclusione che l’universo fosse in con- tinua espansione, scrisse che nel tempo passato tutto ebbe inizio da un singolarità di volume pari a zero. Il gesuita Lemaître invece, basandosi sulla legge di gravità di Einstein pubblicata nel 1915, po- stulò l’idea di un universo in evoluzione che si dila- tava in tutte le direzioni con una velocità di reces- sione direttamente proporzionale alla distanza delle galassie. Le congetture di Friedman e Lemaître vennero considerate con scetticismo dal mondo scientifico fino a quando Edwin Hubble, nel 1929, all’osservato- rio astronomico del Monte Wilson in California, di- mostrò che le galassie si allontanano le une dalle al- tre ad altissima velocità, confermando l’ipotesi che Lemaître aveva fatto due anni prima. Il gesuita, confortato dalla scoperta di Hubble, si spinse a proporre un modello di creazione dell’uni- verso veramente rivoluzionario: se le galassie si al- lontanano, allora riavvolgendone il corso temporale è possibile risalire ad un punto di inizio in cui tutta la massa dell’universo attuale era concentrata in un unico atomo, che chiamò atomo primigenio, o atomo primitivo, contenente tutta la materia di cui è composto l’intero universo.
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