Missioni Consolata - Dicembre 2014
missione si è nutrita del dono del tempo, dei beni materiali, della preghiera di tanti benefattori che pur senza oltrepassare l’uscio di casa hanno reso l’attività dei missionari possibile, partecipando a tutti gli effetti, pienamente, della missione della chiesa. Inoltre la tua è stata una santità «inclusiva», che si è nutrita e arricchita dei contributi di culture nuove e lontane, di cui leggevi attraverso i racconti dei tuoi missionari. Il senso di vicinanza all’altro che hai tra- smesso ai tuoi, l’enfasi posta sulla necessità di im- parare, e imparare bene, le lingue straniere per me- glio comunicare con le persone, la passione di ca- pire l’altro per entrare nel profondo della sua cul- tura, con rispetto, in punta di piedi… sono elementi che hanno caratterizzato il tuo insegnamento e re- stano parte di quello spirito che sempre hai voluto trasmettere personalmente ai tuoi missionari. I no- stri confratelli che lavorano in Asia sempre ripetono l’importanza di essere sul posto, presenti, sussur- rando il Vangelo, con tatto, rispetto e discrezione, senza imporre, ma proponendo coraggiosamente la buona notizia di Gesù. I n questo mondo così controverso e contraddit- torio, alla cui tensione verso la globalità rispon- dono movimenti di chiusura e intolleranza asso- lutamente non evangelici, la ferma delicatezza della tua parola è garanzia di un messaggio di acco- glienza e di fraternità che rincuora e dà coraggio. Grazie caro Padre per quest’ultima tua pillola che, in fondo, contempla tutte le altre. Siate santi mis- sionari; anzi, «prima santi, poi missionari», come ri- petevi instancabilmente allora e continui a ripetere anche a noi oggi. Ai nostri giorni il tuo appello as- sume una valenza particolarmente pregnante per- ché immettersi in un cammino di santità significa andare due volte contro corrente. Mentre noi mis- sionari e missionarie della Consolata desideriamo profondamente che tu, già beato, possa essere rico- nosciuto finalmente santo, tu vuoi soprattutto che siamo noi a santificarci, anche senza riconosci- mento ufficiale da parte della chiesa. Ci chiedi sol- tanto di condurre una vita evangelicamente certifi- cata e di testimoniare con coerenza i valori del Van- gelo attraverso il carisma speciale che ci hai la- sciato. Penso che, corroborati da un anno di pillole ricosti- tuenti da te fornite, possiamo tentare di metterci su questo cammino chiedendoti, ancora una volta, di essere padre e guida dei tuoi missionari e degli amici fraterni che ne accompagnano le iniziative apostoliche. Siamo convinti che, diventando più santi, noi spianeremo anche a te la strada per il ri- conoscimento universale della tua santità. Prendi questo nostro impegno come un piccolo regalo di Natale. E ancora tanti auguri. Ugo Pozzoli famiglie, quella che non fa rumore ma permette al bene di incunearsi nel tessuto della società e lo fa scorrere a dispetto di tanti messaggi a esso contrari, segnali di male, morte, disperazione che mettono in pericolo la speranza. L’eccezionalità sta appunto in questo lavoro co- stante su di sé, sulla propria crescita umana e spiri- tuale. «Vivere l’ordinario in modo straordinario» è il motto che hai proposto a chi guardava a te come modello di uomo e prete. Lo hai attinto dalla spiri- tualità di San Giuseppe Cafasso, ma lo hai fatto di- ventare come parte del tuo stile di vita. Il tuo punto di riferimento era Cristo, ma il tuo terreno di gioco è sempre stato il quotidiano, le ventiquattro ore della giornata, cui dare un senso, giorno dopo giorno, con l’Eucaristia a fare da metronomo: pre- parazione, celebrazione e ringraziamento; e così via, in una serie continua di istanti in cui la vita del- l’uomo si fonde in quella di Dio. I l santo è la persona che vive in profondità que- sta unione di Dio con la sua storia passata, pre- sente e futura; è colui o colei che permette a Dio di incarnarsi nel suo vissuto, di vivere nella sua famiglia, di frequentare la stessa scuola o di interes- sarsi degli stessi problemi di lavoro degli altri. Il santo è la persona della porta accanto, quella ca- pace di praticare iniezioni di bene con la sua pre- senza discreta e silenziosa, che permette a Dio di essere Dio, e lo fa lasciando che questi entri nella propria vita, concedendogli spazio e diventando a sua volta strumento di salvezza. Caro don Giuseppe, tu sei stato questo tipo di per- sona per molti tuoi contemporanei, che istantanea- mente hanno riconosciuto in te i segni di una pre- senza più grande. Il tuo spirito di preghiera, l’amore per l’eucaristia, la relazione cuore a cuore con Ma- ria Consolata. Tuttavia, la tua santità ha assunto dei connotati speciali che restano un’eredità unica per noi missionari e per tutti gli amici che, a vario titolo e in varie occasioni, si sono avvicinati al nostro cari- sma e ne sono rimasti affascinati. Innanzitutto, la tua è stata una santità extra large; hai guardato oltre i confini di Torino, dell’Italia, più in là sempre e comunque. Sicuramente più in là dei tuoi comodi - avresti potuto infatti vivere un’esi- stenza decisamente tranquilla e rilassata invece di perdere pace, salute e soldi nel correre dietro all’i- deale missionario - a cui hai però volentieri rinun- ciato per rispondere all’imperativo che sentivi den- tro di te di annunciare a tutti la consolazione del Vangelo. In questo momento storico in cui la chiesa è invitata a uscire, ad andare alle periferie, a essere lì dove la gente si trova, a non perdere la voglia di annunciare, ci offri un modello di santità molto at- tuale. Dà coraggio pensare che hai vissuto in ma- niera totale la tua missionarietà senza mai allonta- narti, se non per brevi viaggi, dal tuo amato Santua- rio della Consolata. Sei un invito vivente per tante persone e famiglie che forse non ce la fanno proprio a trovare tempo e risorse per «partire» e vivere la loro vocazione missionaria in terre lontane. C’è chi dona partendo e chi parte donando. Da sempre la Pillole « Allamano» 34 MC DICEMBRE 2014
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