Missioni Consolata - Dicembre 2014
30 MC DICEMBRE 2014 manità. Noi siamo purtroppo abi- tuati in modo catechistico a pen- sare che dapprima c’è l’uomo, poi il suo peccato, poi di conseguenza arriva Gesù che ci salva dal pec- cato. Questo è vero, ma va inse- rito in un orizzonte ancora più grande: Dio crea il mondo pen- sando già a Gesù, ed è quando decide di farsi dono, di donare se stesso nel suo figlio all’umanità, che Dio crea l’umanità e il mondo. Dunque per certi aspetti la prima parola del cristianesimo è proprio “dono”, cioè “grazia”. La grazia è talmente rivelativa della vita di Dio che in quella gra- zia, in quel dono, cioè in Gesù, noi conosciamo che il dono fa parte della vita stessa di Dio. Ed è per questo che noi siamo impa- stati di dono. Ed è per questo che, pur in un orizzonte come quello del mondo contempora- neo in cui un’ipertrofia dell’eco- nomicismo e del mercato sem- brerebbe farci smarrire ogni sen- tiero di speranza, noi cristiani possiamo continuare a essere fi- duciosi. L’umanità continua a es- sere altro, e prima o poi l’inquie- tudine verso un mondo che ci soffoca in cui tutto è ridotto a mercato, porterà, porta già ora, a una reazione positiva che fa emergere il meglio di noi». Vivere con speranza in un mondo che l’ha smarrita In una società che sembra aver smarrito completamente la spe- tant’è che mi viene spontaneo dire “grazie, non dovevi, non era il caso”. Queste parole servono a dire che tra me e il donatore si è creato un disequilibrio che a sua volta esprime qualcosa di fonda- mentale, cioè l’assoluta libertà di chi fa il dono e la sua imprevedi- bile generosità. Lo squilibrio però non viene mantenuto perenne- mente. Io infatti posso contrac- cambiare, sempre secondo la lo- gica del dono: non sarà qualcosa di dovuto, sarà qualcosa di libero e gratuito. All’affermazione della mia persona che c’è stata da parte di chi mi ha fatto il dono, ri- spondo con l’affermazione della persona dell’altro contraccam- biando il dono». Si tratta di uno scambio, ma di uno scambio to- talmente differente da quello economico. Perché legato alla gratuità, alla libertà, alla fiducia. «Nella sproporzione, nella disu- guaglianza che si crea donando, si afferma un interesse fondamen- tale: l’interesse alla persona del- l’altro. Per questo mi sembra che una società umana sia radicata fondamentalmente, come dicono molti acuti sociologi, proprio in questa dimensione del dono». E se il cuore di tutto fosse dono? Siamo partiti da Babbo Natale e siamo arrivati a dire che l’uma- nità è fondata sul dono. Se una ri- flessione di questo tipo viene pro- posta da un teologo è probabile che in qualche modo c’entri an- che Dio nella questione. Lo chie- diamo a don Repole, ricordando che uno degli ultimi capitoli del suo libro si intitola «E se il cuore di tutto fosse dono?», cioè, se al- l’origine di tutto, quindi anche dell’uomo, ci fosse il dono? «C’è tutta una tradizione che ci dice che a Natale è Gesù bambino a portare i doni. Non è un caso che proprio nel giorno di Natale, nella tradizione cristiana, ab- biamo instaurato la prassi rituale del dono: in qualche modo è Gesù Cristo stesso, in quanto fi- glio di Dio fatto uomo, a parlare del dono che Dio ha fatto di se stesso all’umanità. Gesù, dono di Dio, è il fondamento dell’esi- stenza stessa del mondo e dell’u- ITALIA ranza, la realtà del dono può aiu- tarci a rintracciarla. «Io penso che sia una fonte di speranza vedere che, nonostante tutto, anche in questo nostro mondo, tantissima gente dona. Basta guardare alle cose più sem- plici che magari non siamo più abituati a vedere: ci sono ancora persone che generano figli e do- nano la vita. Ci sono dei nonni che si prendono cura dei nipoti. C’è molto volontariato. La nostra società si regge ancora in piedi, nelle cose grandi come in quelle piccole, grazie al fatto che tantis- sime persone donano tempo, energie, denaro. Scendendo in © Af MC / Gigi Anataloni
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