Missioni Consolata - Dicembre 2014

14 MC DICEMBRE 2014 HAITI «Jean-Claude Duvalier ha conte- stato che esistiamo, che il Collet- tivo possa essere parte civile. Vuole che si cambino i giudici, ma non dice perché. Il grosso lavoro lo facciamo noi del Collettivo, perché il tribunale non è attrez- zato. I giudici sono soli, non pos- sono fare le inchieste, poi ci sono tutti i problemi di corruzione e in- competenze.Il Collettivo costitui- sce il dossier e cerca gli elementi per il giudice, perché vogliamo che l’istruttoria vada avanti. Inol- tre facciamo molta informazione, comunicati in quattro lingue. Ed è tutto lavoro volontario. Anche gli avvocati che lavorano con noi. Ab- biamo un’assistenza giuridica e tecnica importante da parte del- l’associazione Avvocati senza fron- tiere Canada. Fokal (Fondazione conoscenza e libertà) ci ha appog- giato a livello finanziario». Molte vittime, poche denunce Nonostante l’enormità del nu- mero di vittime del regime, poche decine sono a oggi le denunce uffi- ciali. «Sono pochi coloro che hanno denunciato perché la gente non ha fiducia nel sistema della giustizia. Inoltre si sente che il go- verno non è dalla parte delle vit- time. Occorre essere coraggiosi e non ci sono neanche tanti avvocati disponibili a difenderti. Ma il fatto di essere riusciti a far presentare Duvalier in tribunale e che ci sia stata una decisione della Corte spinge la gente a pensare che ab- bia senso denunciare. O almeno testimoniare pubblicamente, il che è estremamente importante. È sempre così: c’è un nocciolo duro all’inizio, poi altri si aggre- gano. Per me non è il numero che conta. Alla fine dell’istruzione il tribu- nale dovrà decidere se ci sarà un processo oppure no. Penso che a quel punto altre persone si deci- deranno, perché vedranno che c’è una possibilità». La comunità internazionale A livello internazionale non c’è una volontà politica a giudicare Duvalier e non c’è neppure tanto aiuto per questo. Ci sono state di- chiarazioni di buone intenzioni. Ma il Collettivo ha fatto una cam- pagna, rispetto alla comunità in- ternazionale, chiamando in causa diversi paesi. Cosa che ha spinto alcune ambasciate a delegare delle persone per seguire alcune udienze. «Bill Clinton era nelle braccia di Duvalier, gli Usa non hanno detto nulla, la Francia non ha preso posizione. Solo dichiara- zioni dell’Onu. Ma tutti questi paesi potrebbero appoggiare il tribunale haitiano a portare avanti l’inchiesta. E qualche dos- sier a livello dell’Alto commissa- riato e della Minustah. Perché a livello internazionale si parla tutto il tempo di democrazia mentre i paesi campioni di demo- crazia non si sono indignati per questa situazione? Se parliamo di crimini contro l’umanità, il peso non può essere su un individuo». Le organizzazioni internazionali di difesa dei diritti umani non hanno aiutato il Collettivo. Human Ri- ghts Watch e Amnesty Internatio- nal hanno fatto le loro inchieste ma non hanno messo risorse per l’istruttoria. Hanno mandato le loro delegazioni a seguire le udienze, «ma questo non basta» sottolinea Danièle Magloire. «Gli Usa hanno della documenta- zione, ma non ne consentono l’accesso. Abbiamo bisogno che si faccia pressione. Noi, come Col- lettivo, abbiamo preso da soli il ri- schio di denunciare. Ma non ab- biamo alcuna protezione. I fans di Duvalier ci aggrediscono al tribu- nale, più ci avviciniamo al pro- cesso, più sono nervosi e aggres- sivi, la polizia non reagisce». Muore l’ex presidente a vita La morte del dittatore scatena il dibattito: funerali di stato oppure no? Una coalizione della società civile si ribella all’idea di un ol- traggio simile, e alla fine la ceri- monia è organizzata in forma pri- vata, ma numerosi sono i suoi partigiani presenti. «[…] Giudicare Jean-Claude vor- rebbe anche dire chiedere conto al regime duvalierista stesso, e una volta arrivati alla “riconcilia- zione”, indicare anche le cosid- dette “grandi famiglie” haitiane che hanno partecipato a quel fe- stino macabro. Come continuano a fare oggi. Giudicare Jean-Claude Duvalier significherebbe mettere sotto processo le classi dominanti globalmente. Meglio, significhe- rebbe spiegare il ruolo degli im- perialisti. Dell’epoca … e di oggi» scrive l’organizzazione sindacale Batay Ouvriye. «La morte di Jean-Claude Duva- lier non mette fine al processo giudiziario contro il suo regime, le vittime del quale hanno denun- ciato anche gli accoliti dell’ex dit- tatore» dichiara Pierre Espé- reance, direttore esecutivo della Rnddh e segretario generale della Federazione internazionale delle leghe dei diritti dell’uomo (Fidh). Muore l’uomo, ma non la storia. E le decine di migliaia di vittime di un regime che ha segnato Haiti e ha contribuito a renderlo un paese tra i più poveri del mondo, chie- dono ancora verità e giustizia. Marco Bello © STF

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