Missioni Consolata - Novembre 2014

di Gigi Anataloni EDITORIALE NOVEMBRE 2014 MC 3 Ai lettori UNA VOCE IN MENO L’ editoriale di ottobre della rivista «Popoli», dopo un caldo saluto a lettori e lettrici, recitava: «Vi comunico la sofferta decisione di interrompere, con il numero di dicembre 2014, la pubblicazione». Probabilmente, a voi, amici lettori di Missioni Consolata, questa comunica- zione dice poco. Io, invece, non ho potuto fare a meno di piangere, poche, sentite lacrime, per una notizia che mi ha dato tristezza. Una tristezza ampiamente condivisa dagli amici e colleghi di tutta la stampa missionaria. «Popoli» è la rivista missionaria dei Gesuiti italiani. Fondata nel 1915 col nome di «Le Missioni della Compagnia di Gesù», diventata «Popoli e Missioni» nel 1970 e poi «Popoli» a fine anni Ottanta. A di- cembre conclude 100 anni di servizio alla missione. Nata durante la prima guerra mondiale, muore mentre è in corso quella che il papa chiama la «terza guerra mondiale». E muore per fallimento eco- nomico, strozzata dai debiti. Sanissima quanto a idee, progetti e visione, «Popoli» è vittima però più della crisi «missionaria» del nostro paese che della crisi economica. Non è di conforto il fatto che non sia l’unica vittima nel settore della stampa missionaria e che negli altri paesi europei sia ancora peggio. «Ad Gentes» dell’Editrice Missionaria Italiana ha chiuso in que- sto 2014, «Afriche» della Società Missioni Africane nel 2010, il nostro «Amico» nel 2010, altre hanno ridotto il numero delle pagine o la periodicità, altre ancora si sono fuse tra loro. Le riviste missionarie ancora in circolazione, nonostante il grande sforzo di rinnovamento e di riqualificazione a servizio del Vangelo e dei poveri, non scoppiano di salute, condividendo in pieno tutte le difficoltà dell’editoria italiana, religiosa e non. Con gli altri amici della stampa missionaria italiana (che non è poi solo stampa, ma è web, e video, e tanto altro) ci chiediamo se la chiusura di «Popoli», al di là delle ragioni oggettive portate dagli edito- ri, non sia un sintomo di una situazione ben più complessa. Ogni anno vediamo drammaticamente in- vecchiare e diminuire di numero i missionari italiani «a vita» (17 mila negli anni Ottanta, poche mi- gliaia già oggi e in continuo calo), chiudere comunità, rarefarsi le partenze non compensate dal pur crescente numero di missionari laici. Allo stesso tempo si chiudono o si accorpano parrocchie, si ven- dono chiese, per la preoccupante diminuzione del numero dei sacerdoti. È questo solo un momento di purificazione? O la fiaccola della missione è stata tolta ai cristiani italiani per essere affidata ad altri? è la missione che non interessa più o non ci sono più nep- pure i cristiani che possano appassionarsi ad essa? Oppure è la missione che è talmente cam- biata da non avere più bisogno di missionari e tantomeno delle loro delle riviste? Le riviste missionarie raccontano della bellezza della missione , della dedizione di tanti missionari, del sogno di un mondo più fraterno, di una Chiesa viva che cresce nelle periferie del mondo, dello Spirito che suscita nuovi evangelizzatori da ogni angolo della terra. Pur nella loro povertà e debolezza (evi- dente nel confronto con gli altri media!), sono testimonianza di speranza e di un mondo più fraterno. Non hanno più nulla da dire? Quello che scrivono non interessa più a nessuno? O non c’è più nessuno che creda nel mandato di annunciare il Vangelo fino ai confini del mondo? Sempre il mio vizio di far domande! Anche perché non ho risposte chiare in una situazione così fluida come quella che stiamo vivendo. Certamente gli interessi degli italiani sono cambiati in questi anni. E l’annuncio del Vangelo non è in cima alle loro preoccupazioni. La nostra società è sempre meno cri- stiana nonostante il numero sempre alto dei battezzati. I cristiani praticanti costituiscono ormai una minoranza e sembra che la maggior parte dei giovani non si identifichi più con la Chiesa. Questi sono dati di fatto, confermati da abbondanti statistiche. In un simile contesto la chiusura di una o più riviste missionarie non cambia molto le cose. Però fa ri- flettere: quale sarà la prossima? Noi intanto andiamo avanti con serenità nel nostro servizio, cercan- do in tutti i modi di «far bene il bene», fino in fondo. Abbiamo (noi missionari) una convinzione profonda: «Siamo semplicemente dei servi» (Lc 17,10). Il vero missionario è lo Spirito di Dio. Anche se una voce si spegne qua o là, Lui farà «parlare anche le pietre» (cfr. Lc 14,40). E non ditemi, come fa il mio correttore di bozze, che queste ultime sono solo parole di consolazione messe lì per non chiu- dere l’editoriale con troppa tristezza. Ogni bene a voi.

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