Missioni Consolata - Ottobre 2014
Parole di corsa 76 amico OTTOBRE 2014 a pregare e accese una candela alla Madonna. Il giorno seguente il dot- tore tornò a visitarmi e mi dichiarò fuori pericolo. Dentro di me ho sempre avuto la certezza che in quel frangente la mia mamma mi ab- bia consacrato a Maria e alla mis- sione, realizzando in me il suo grande so- gno di essere missionaria. Questa certezza e fede mi incoraggia ancora oggi. Due parole sul paese in cui ti trovi oggi? A Martina Franca seguo con gioia i gruppi del nostro Centro, e dò una mano, come vicediret- tore, al Centro missionario diocesano. I nostri giovani mi dicono: «Padre, questa è la nostra casa. Il beato Allamano è il nostro Padre Fonda- tore. La Madonna Consolata ci appartiene. La no- stra vita è la missione». La mia soddisfazione più grande è la dedizione con cui gli animatori si mettono al servizio degli altri. Per me poi aiutare i giovani è un’esperienza meravigliosa. La auguro a tutti gli animatori, spe- cialmente ai missionari che hanno già fatto anni di missione, e che devono superare la tentazione di vivere in credito. S ono nato a Lodrino (Brescia) il 16 Dicembre 1938. Entrato in seminario a Rovereto il 24 Ottobre 1950, ho emesso la prima profes- sione religiosa il 2 Ottobre 1960, la professione perpetua il 2 Ottobre 1963, e sono stato ordi- nato sacerdote nel mio paese natale il 23 Dicem- bre 1965. Il mio primo impegno è stato quello di animatore missionario a Gambettola (Forlì Cesena) nel pe- riodo 1966-1972, e a Marina Palmense (Ascoli Pi- ceno) dal 1972. Il 31 Gennaio 1977 sono partito per il Sudafrica dove ho prestato il mio servizio a Piet Retief, poi a Evander (1978-1982), a Ermelo (1982-1991) e a Damesfontein (1991-92). Nell’Ottobre 1992, per motivi di salute e di sicurezza, sono ritornato in Italia, a Gam- bettola. Ripartito per il Suda- frica nel 1996, ho trascorso un anno in Pretoria e poi sino al 2011 nel Kwa-Zulu Natal, nella missione di Osizweni. Rimpatriato, mi sono fermato un anno a Galatina, e ora, da due anni, sono a Martina Franca (Taranto) come anima- tore vocazionale. Perché hai deciso di diventare missionario e, soprattutto, per- ché della Consolata? Ricordo che a 5 anni desideravo già fare il chierichetto e andare dai «negretti». Appena ricevuta la prima comunione, la mia richiesta fu: «Gesù, fa che io diventi un grande e gioioso mis- sionario. Ma un po’ meno grande di San Paolo e Francesco Saverio». Nel frattempo, ogni tanto veniva in parrocchia padre Franco Farina, missio- nario della Consolata, che ci narrava avventure missionarie. Terminata la quinta elementare, nell’Ottobre del 1950 andai al seminario di Rovereto. Così iniziai la mia avventura meravigliosa. Mia madre era entrata, giovane ragazza, come postulante tra le Suore Comboniane, e fu poi in- coraggiata a lasciare perché troppo gracile. In seguito, nel 1939, quando io non avevo ancora un anno, in paese scoppiò un’influenza che portò ben sette bambini alla morte. Tra i bimbi amma- lati c’ero pure io: la mia mamma si recò in chiesa di Luca Lorusso Non dire mai «non tocca a me!» «Questa frase dell’Allamano per me riassume tutta la sua dot- trina. Quante crisi superarte con questo ideale e convinzione. Siamo troppo importanti nelle mani di Dio! Egli ci chiede di co- struire il suo grande progetto d’a- more verso i vicini e i lontani, per chi sta bene e per gli ammalati, gli sfruttati, gli emarginati, i piccoli e i grandi». Parola di padre Tarcisio Foccoli. © Af MC/T Foccoli © Af MC/T Foccoli
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