Missioni Consolata - Ottobre 2014
48 MC OTTOBRE 2014 2. In secondo luogo, questo progetto di civiltà ci disconnette anche dagli altri esseri umani. L’indi- vidualismo cresce nelle nostre società mentre le forme comunitarie sono sempre più fragili e tro- vano piccoli rifugi nelle nuove reti sociali. Siamo esseri sociali, ma in una società sempre più com- petitiva. Il consumo, che è il motore dell’econo- mia, approfondisce questa dimensione dell’indivi- dualismo. 3. Per ultimo, la civiltà del capitale disconnette l’essere umano dall’Altro (con A maiuscola). Ci rende difficile guardare al di là delle cose, di in- contrare valori e sensi, di incontrare la trascen- denza. Mistica ed Etica Questo è il dramma della crisi di civiltà che vi- viamo. In un senso più profondo, il progetto mo- dernista ci scollega dall’Etica e dalla Mistica, due dimensioni fondamentali della persona e della so- cietà. L’Etica (dimensione dei sensi, di relazione con l’altro) e la Mistica (relazione profonda con il trascendente della vita) sono le grandi esiliate del progetto capitalista. In relazione con l’altra forma di vita, le conclu- sioni sono facili da prevedere. Senza Mistica nè Etica come referenti, scollegati dalla terra e da tutte le forme di vita, scollegati dall’altro e dall’Al- tro, resta solo l’essere umano come centro asso- luto di tutto. Come unico essere referenziale, pa- drone e signore. Si tratta di un progetto antropo- centrico, meglio: antropounico . L’essere umano pensa se stesso al di sopra di tutte le cose, dispo- nendo di tutto a suo uso e consumo. Mai come qualcuno che sta insieme alle cose, come membro di una comunità più grande e trascendente. Visioni differenti Nonostante queste constatazioni, dobbiamo rico- noscere con speranza che nella complessità della globalizzazione economica che ci vogliono im- porre come unico cammino possibile, rinascono, resistenti, altri saperi e altre logiche. Molti popoli latinoamericani e molti pensatori sono oggi impegnati in questa sfida che è quella di allargare il nostro concetto di cittadinanza (un concetto molto antropocentrico) in modo che in- cluda tutte le forme di vita, in una relazione di equità e armonia e di garanzia di diritti per tutti. Un caso è il sacerdote indigeno padre Roberto Neppas (ecuadoriano, esperto in teologia indi- gena), con la sua visione ed esperienza del Sumak Kawsay come «Pienezza della vita». Essa ci è pro- posta anche da padre Giuseppe Auletta, dal Chaco argentino, che ci invita a una lettura com- parata con la visione e proposta di vita e convi- venza di Giuseppe Allamano, fondatore dei mis- sionari della Consolata. […] L’idea del Buen Vivir o Buen Convivir nasce dai termini Sumak Kawsay (kichua) e Suma Qa- maña (aymara). Nasce dall’esperienza di vita collettiva dei popoli indigeni andini. Trasmette un’idea complessa e olistica, che contempla la bellezza e la pienezza della vita vissuta, in cammino, in pro- cesso. Non è facile tradurre concetti tanto completi. Essi ci danno ele- menti che ci ri-compongono e ri- collegano. Vivere nella pienezza Sumak Kawsay , è una scom- messa per la vita degna. Scrive padre Roberto: «È necessario precisare e di- fendere quello che vera- mente significa per i po- veri e, in questo caso, per i popoli indigeni il Sumak Kawsay . Noi popoli indi- geni lo assumiamo come © Gigi Anataloni © Ennio Massignan
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