Missioni Consolata - Ottobre 2014
OTTOBRE 2014 MC 33 grande benefattore e molti poveri hanno benefi- ciato del suo aiuto. Tuttavia, sebbene migliaia di persone ne scortarono il feretro il giorno del suo fu- nerale, le biografie non lo ricordano esattamente come un angelo della carità. Parimenti, inutile dirlo, una buona intenzione non può convertire un atto cattivo in qualcosa di diverso. Rubare, ammazzare, giurare il falso sono sempre atti in sé non buoni, in- dipendentemente dalle intenzioni di chi li compie. Detto questo, salta immediatamente all’occhio l’im- portanza di un terzo elemento: quello delle circo- stanze. La lettura sapiente di queste ultime è ciò che ci aiuta ad avere tutti gli elementi affinché si possa fare il bene e farlo davvero bene. Atti buoni, sostenuti da intenzioni altrettanto buone e gene- rose, possono diventare occasione di un bene non fatto bene e creare situazioni di dipendenza nelle persone che vorremmo fare oggetto del nostro bene, oppure non rispondere agli effettivi bisogni della situazione su cui si vuole intervenire. O an- cora, si può fare una buona azione, con rettissima intenzione, ma farlo con tale malagrazia, prepo- tenza, sufficienza, arroganza, paternalismo, ecc. da far risultare il nostro bene un completo fallimento. È chiaro che sull’argomento si potrebbero spendere fiumi di inchiostro. Pensiamo a quante esperienze si potrebbero raccogliere facendo raccontare episodi di vita vissuta in cui il bene non è stato fatto bene. Genitori, insegnanti, religiosi… Chiunque nella sua vita ha avuto modo di relazionarsi con gli altri po- trebbe, raccontandosi, arricchire il campionario di errori, più o meno involontari, commessi nel tenta- tivo di fare del bene. G iuseppe Allamano desiderava che i suoi mis- sionari potessero salvaguardarsi da questo rischio. Da uomo pratico qual era, si dimo- strava cosciente del fatto che la perfezione non apparteneva a questo mondo, ma allo stesso tempo cercava di preparare i suoi alle esigenze della missione, che richiedeva, perché molto impegna- tiva, delle risposte eccellenti. Giuseppe Allamano, vero innamorato della pre- ghiera, era anche cosciente che quest’ultima do- vesse essere «aiutata» dalla persona stessa ad in- male imponga spesso la sua presenza, una presenza misteriosa che non si può comprendere fino in fondo e, per questa ragione, tanto più angosciante. Fiumi di parole si sono scritte e si scrivono sul pro- blema del male; ma anche lì dove pare che una scin- tilla di ragione riesca a imporsi sul buio, un’ingiusti- zia, un lutto, un atto di cattiveria gratuita, una ma- lattia fanno improvvisamente piombare nel buio del mistero chi cerca di capire. Cristo è la risposta di Dio all’esistenza del male. Gesù non spiega, ma carica sulle sue spalle la croce e assume su di sé il male del mondo, esprimendo con la sua azione la massima espressione di bene: dare la vita per i propri fratelli. Fare il bene sempre e comunque è la risposta di Dio all’esistenza del male. Lasciarsi vincere dal risentimento o dalla di- sperazione di fronte a una situazione di dolore si- gnifica, per quanto umanamente comprensibile, fare il gioco del male, lasciarsi avvolgere dalle sue spire, restarne imprigionato. Rispondere con il bene dà un senso nuovo alla nostra vita. È la logica dell’a- more incondizionato, del perdono e della riconcilia- zione con se stessi, gli altri, il mondo ciò che costrui- sce e conserva il bene. Fare il bene …e farlo bene T uttavia il bene è fragile e va trattato con cura. Non solo: il confine tra bene e ciò che non lo è risulta essere molto più labile di quanto si possa pensare. Sul fatto che sia ne- cessario, anzi imperativo, fare il bene ci possiamo trovare quasi tutti d’accordo. Più difficile è stabilire confini di quando il bene è di fatto tale, o di quanto non lo è. Il bene imperfetto non è un bene. L’unico bene è quello fatto bene e perché sia veramente tale occorre farlo con prudenza e con sapienza. Un atto può essere buono o cattivo in sé, ma vi sono al- tri fattori importanti, che vanno tenuti in conto. L’intenzione di chi compie l’atto non inficia la bontà dell’atto, che in sé continua a essere buono o cat- tivo, ma un’intenzione non retta fa indubbiamente perdere punti morali alla mia azione. Il narcotraffi- cante colombiano Pablo Escobar è stato in sé un MC RUBRICHE # Entrata del castello di Villar Dora, a Nord di Torino: «Fare bene tutto quello che è ottimo».
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=