Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2014
di Gigi Anataloni EDITORIALE AGOSTO-SETTEMBRE 2014 MC 3 Ai lettori A RISCHIO DI SCHIAVITÙ S chiavo: « Agg. Individuo di condizione non libera, giuridicamente considerato come proprietà privata e quindi privo di ogni diritto umano e completamente soggetto alla volontà e all’arbi- trio del legittimo proprietario» ( Treccani.it ). Cosa del passato, ci viene da pensare! Oppure, qualcosa che sopravvive solo in alcuni luoghi arretrati e lontani del mondo. Qui da noi? Nien- te schiavitù. Siamo liberi. Per questo abbiamo la costituzione, i diritti umani, la «civiltà cristiana»... Eppure, ascoltando quanto ha detto papa Francesco nel Molise su lavoro e riposo domenicale e ri- flettendo sul significato del riposo nella Bibbia, mi sono venuti un sacco di dubbi riguardo alla nostra presunta libertà. I conti non tornano. Non tornano per i giovani che vivono di precariato o sono co- stretti a lavori semivolontari malpagati e insicuri. Non tornano per gli immigrati, rifiutati da tutti ma poi sfruttati in nero. Non tornano per chi è costretto a lavorare anche la domenica o a fare turni mas- sacranti sacrificando la famiglia e la pratica della propria fede. Non tornano per chi si fa le maratone di fine settimana sulle piste da sci o sulle spiagge, allo stadio o in discoteca per incontrare altra gente e divertirsi, e si trova invece solo e vuoto. Non tornano per chi vive in un alloggio extra blindato di 60- 80 mq con affitti esorbitanti o stratassato se di proprietà, dove non c’è spazio per un figlio in più, gli amici, una festa. Non tornano quando le persone sono giudicate in base alla moda del momento, moda che è manipolata da monopolii mediatici, produttivi e commerciali mirati non all’utilità sociale ma al proprio profitto. Non tornano neppure per milioni di persone che sopravvivono in tuguri in cui noi non metteremmo neppure le nostre galline, che, pur lavorando quotidianamente dodici o più ore, non riescono a pa- garsi due pasti decenti al giorno, si vestono con abiti comperati al mercato dell’usato, scarpinano per chilometri per arrivare la posto di lavoro, non hanno protezione sanitaria e neppure i soldi per com- perare libri, quaderni e vestiti ai loro figli. Sfruttati, sottopagati e ricattati: una protesta, una malat- tia, e sono fuori. Ci sono altre migliaia di disperati disposti a farsi sfruttare al posto loro. Questi conti non tornano neppure quando si guarda al moltiplicarsi di leggi, regolamenti e cavilli, spesso imposti non dal buon senso o dal bene comune, ma da lobbies economiche piene di soldi che sfuggono a ogni controllo, intente a rafforzare i propri poteri e la propria influenza, o da sistemi ideo- logici che per difendere le loro libertà calpestano quelle degli altri. F accio fatica a vedere libertà in tutto questo. Sembra che ci sia una logica perversa per la quale ciascuno debba lavorare di più per guadagnare di meno e spendere di più. E guai se uno non spende, perché è colpa sua se c’è la recessione e le fabbriche chiudono. Così vorrebbero che tu cambiassi i vestiti a ogni stagione, lo smartphone ogni sei mesi, la macchina ogni tre anni, la lavatrice ogni... e via discorrendo. Sei libero, sì: di spendere, consumare, indebitarti, incollarti alla Tv, lasciarti riempire di bla bla, crearti relazioni digitali, ammassarti in spiaggia, far la coda in autostrada. Ma non puoi fermarti: per stare in famiglia, godere dei figli (se ci sono), leggere, curare la tua casa, creare e far crescere relazioni e scoprire così che fai parte di una comunità e non di un vicinato anoni- mo e minaccioso. Soprattutto non hai più tempo per Dio. Sparita la domenica (giorno del Signore), prevale il fine settimana (giorno di altri signori: shopping, sport, sci, mare, movida...). Perché se dai tempo a Dio rischi di cominciare a pensare e finisci per scoprirti triste, vuoto, manipolato, ingannato e sfruttato. Se metti Dio al centro riscopri te stesso e la tua dignità, che non può essere riempita solo dall’avere, consumare, correre, «divertirsi», cercare sport o esperienze estreme. Ci sono voluti millenni perché l’umanità (o parte di essa) ripudiasse la schiavitù come sistema. Ma il dubbio che oggi esista un altro tipo di schiavitù mi inquieta. Si scrive e parla tanto di diritti umani, ab- biamo centinaia di associazioni piccole e grosse che li difendono e promuovono, eppure l’impressio- ne è che in un mondo dove si dà sempre meno spazio a Dio diminuiscano anche la libertà e la dignità dell’uomo. Una pagina web chiedeva «quanti schiavi hai?». Forse oggi è tempo di domandarci anche: «Ci rendiamo conto che rischiamo di vivere da schiavi e che la libertà va difesa sempre, per se stessi e per ogni altra persona?». Buona estate e ogni bene a tutti voi, lettori di MC.
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