Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2014
AGOSTO-SETTEMBRE 2014 MC 19 cinque yuan (meno di un euro). Secondo il rapporto dell’Unodc, il conflitto favorisce la produzione di droga per tre motivi. Primo: le difficili condizioni dell’economia di guerra costringono i contadini a perseguire un reddito veloce e sicuro, cioè la coltivazione del- l’oppio. Secondo: i gruppi armati ribelli necessitano di fondi imme- diatamente disponibili per l’ac- quisto di armi. Terzo: lo stesso governo birmano incoraggia i gruppi paramilitari suoi alleati ad autofinanziarsi attraverso il nar- cotraffico. È così che la droga va di pari passo con la guerra. Nei centri di riabilitazione «Sono entrato nell’esercito nel 1989. Nel 1998 ho disertato, poi ho fatto il contadino. Ma quando la guerra è ricominciata, nel 2011, sono tornato nell’esercito». A parlare è Lazing Htoi Shang, 43 anni, tossicomane, spacciatore ed ex disertore dell’esercito kachin, attualmente detenuto nel centro di riabilitazione di Maijayang. Qui, 53 persone tra drogati e pu- sher stanno incollate una all’altra in celle di 16 metri quadrati: sono 12 o 13 per ciascuna. «All’inizio bevevo solo alcolici - dice - poi ho cominciato a farmi per via delle cattive compagnie. Compravo l’e- roina a Loi Je, nel territorio kachin occupato dai birmani. Quando uscirò di qui, tornerò nel Kia. È un mio dovere». L’analogo campo di riabilitazione di Laiza è gestito dal maggiore Hpandan Gam Ba, 47 anni, che spiega come funziona la politica di recupero/proibizione, com- prensiva della promessa salvifica della religione: «Diamo a tutti una Bibbia e, dopo cinque giorni di trattamento con compresse di difenossilato [un oppiaceo sinte- tico, ndr ] che compriamo in Cina, li introduciamo alle attività di gruppo. Insegniamo loro come coltivare le piante, allevare polli e fare giardinaggio, in modo che abbiano qualche conoscenza utile per quando escono. Dal 2010, quando abbiamo aperto il centro, più di mille persone sono passate di qui. Non solo Kachin. Ci sono birmani di Yangon e cinesi. In de- finitiva, tutti quelli che acchiap- piamo nel nostro territorio. Sic- come la nostra riabilitazione dura solo sei mesi, alcuni cinesi ven- gono a farsi da questa parte del confine: se li prendono a casa loro, si fanno almeno due anni. I nostri ospiti comprano droga so- prattutto in Cina, a volte li spiamo perfino con il binocolo. Ma la col- laborazione con le autorità cinesi è solo sulla carta. Capita che diamo loro tutte le prove per ar- restare qualche spacciatore che traffica sul loro lato, ma rara- mente fanno qualcosa. La droga arriva soprattutto dallo Stato Shan e dal territorio Kachin», conferma. Il fattore Cina Il gigante affamato al di là del fiume può apparire a volte il pro- blema e a volte la soluzione. Paga i Kachin per il legname e al tempo stesso dà il pretesto al Tatmadaw per attaccare. Produce sia gli spacciatori sia le pillole per la ria- bilitazione dei tossicomani. E molto di più. Laiza, la capitale della Kio, è una piccola città dove alla televisione si guardano i programmi della Cctv, la televisione di stato ci- nese; si comunica con le reti mo- bili di Pechino; si comprano siga- rette Zhongnanhai, cioccolata, giocattoli per bambini, e perfino riso e frutta made in China . Nel frattempo, quei camion di le- gname continuano a fare rotta verso Est, placando la fame del Drago, in un’osmosi inevitabile. Ecco cosa ne pensa Sumlut Gam, capo della delegazione del Kio ai colloqui di pace con il governo birmano nonché ministro dell’I- struzione nel microstato kachin: «Siamo in un tempo di guerra e la situazione economica è molto dif- ficile. Avevamo una centrale elet- trica che riforniva di energia per- fino Mytkyna [l’ex capitale Kachin ora controllata dai birmani, ndr ] e in teoria potremmo ottenere un profitto da questa attività e dalle tasse che raccogliamo per le mi- niere di giada. Ma ora il governo prende di mira proprio queste fonti di reddito, quindi tutto è bloccato. Ci resta solo l’agricol- tura, che però non è sufficiente. Ed ecco la Cina, questo vicino così importante. Loro non vogliono una guerra sul confine, quindi è di vitale importanza non combat- tere qui e anche i birmani lo sanno, astenendosi dall’attaccarci in questa striscia di terra. Grazie alla Cina, il confine è sicuro». Tradotto: il Dragone ci tiene d’oc- chio e si aspetta di non sentire ca- dere uno spillo («Nessun pro- blema sui miei confini, signori»). «Se non procuriamo fastidi - con- tinua Sumlut Gam - i cinesi rap- presentano un contributo di vi- tale importanza: acquistano le nostre materie prime e, non più tardi di un mese fa, la loro Croce Rossa ci ha spedito il primo carico di aiuti umanitari per i rifugiati». In passato, guardando in partico- lare all’Africa, molti osservatori hanno descritto la sedicente stra- tegia «win-win» cinese - cioè l’e- spansione commerciale del Dra- gone che farebbe vincere ( win ) tutti - come una forma di impe- rialismo economico in cui il vinci- tore finale è sempre Pechino, che
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