Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2014

AGOSTO-SETTEMBRE 2014 MC 11 E quando le forze dell’ordine non sono direttamente coinvolte negli atti di maltrattamento, spesso le persone che cercano di sporgere denuncia sono «invitate» a desi- stere, tanto che nell’aprile 2013 la Commonwealth Human Right Initiative (Chri), una Ong che da tempo chiede una riforma della polizia indiana, ha denunciato la sua «mancanza di una risposta verso le vittime degli stupri». La morte di Jyoti, soprannomi- nata dai media indiani e interna- zionali Nirbhaya (impavida) o Da- mini (fulmine) ha scatenato quello che il caso di Mathura era riuscita a fare solo in parte: la condanna nazionale di una pra- tica che va ben oltre il mero cri- mine «accidentale», come lo ha chiamato Ramsevak Paikra, mini- stro per la Legge e l’Ordine dello stato indiano di Chhattisgarh. Un sistema patriarcale e misogino Cosa è cambiato in questi qua- rant’anni nella società indiana e, soprattutto, come mai proprio il caso di Nirbhaya, certamente non isolato, ha creato tale scompiglio nell’opinione pubblica nazionale e mondiale? Partendo dallo stupro di Mathura e arrivando fino a oggi, la donna, seppur con difficoltà, si è emanci- pata tra i gangli della società in- diana, ma la sua indipendenza non è ancora stata accettata dal- l’uomo. Sempre Arundhaty Roy spiega che «Viviamo in una na- zione in cui la maggior parte della popolazione vive in un sistema feudale e patriarcale retaggio del passato, dove le donne dalit sono stuprate da uomini delle caste più alte semplicemente perché viene ritenuto un diritto di questi ul- timi. Per contro viviamo in un si- stema in cui le donne stanno cambiando più velocemente degli uomini: entrano in massa nei po- sti di lavoro, hanno più potere, stanno modificando il modo di vestire, di porsi di fronte al- l’uomo, di guardarlo, le loro aspettative. Questi cambiamenti sociali creano un nuovo stimolo di violenza contro le donne da parte di chi vorrebbe che tutto restasse immobile». «Il sistema capitalista ha avuto il merito di contribuire a elevare la posizione della donna in India» afferma Rajesh Tembarai Krishna- machari, scrittore e analista dello sviluppo sociale ed economico dell’India e Pakistan. Stando a quanto sostiene Krishnamachari «l’avvento del capitalismo ha per- messo alle donne di lavorare ac- canto all’uomo nelle fabbriche al fine di aumentare la produzione. Questo ha incoraggiato l’intero si- stema a ricercare una sorta di equità tra i due sessi che si ri- flette sia nel sistema legislativo, con l’approvazione di leggi che pongono uomo e donna sullo stesso piano, sia nel sistema so- ciale, che oggi permette alla donna di entrare nelle fabbriche e nell’apparato produttivo contri- buendo alle finanze familiari. È anche vero, però, che con l’avan- zare dell’economia di mercato e della necessità di aumentare le vendite dei prodotti, il capitali- smo deve cercare nuove forme di sollecitazioni. La pubblicità è, quindi, diventata sessualmente più allusiva, più provocante, por- tando a una radicalizzazione del maschilismo nella società». E alla sottomissione della donna, ag- giungeremmo noi. Secondo l’attrice Leeza Mangal- das, conosciuta a Delhi nel 2012 quando, assieme a Samyak Chak- rabarty, fondò il forum di discus- sione Evoke India , le responsabi- lità di questa sottomissione sono da imputare anche alle donne stesse: «Siamo noi che uccidiamo le nostre figlie perché femmine, siamo noi che accusiamo le nuore se partoriscono femmine anziché maschi e siamo ancora noi che di- sapproviamo, ancora prima degli uomini, le donne che tentano di rendersi attraenti. Gli uomini in- diani sono misogini; le donne in- diane provano disgusto per se stesse». E allora bisognerebbe rivalutare le parole di Marx quando, as- sieme a Engel, scriveva che «Non si deve dimenticare che [le] idil- liache comunità di villaggio, seb- bene possano sembrare innocue, sono sempre state la solida base del dispotismo orientale […] con- taminate dalla divisione in caste e dalla schiavitù». Una cosa è certa: se Jyoti Singh Pandey fosse stata stuprata ed uccisa in uno sperduto villaggio di campagna, nessuno si sarebbe in- dignato. La storia di Jyoti -prece- dente la sua violenza - e della sua famiglia di origine contadina, tra- sferitasi a Delhi in cerca di for- tuna, illustra la speranza di ri- scatto per milioni di indiani. Il pa- dre che lavorava come facchino all’aeroporto di Delhi; Jyoti che, per permettere anche ai suoi fra- telli di continuare gli studi offriva ripetizioni ai ragazzi del quartiere in cui abitava, erano il perfetto esempio delle più alte aspirazioni della gran parte degli indiani. Ci si dovrebbe chiedere come mai # A destra: una bambina di 5 anni viene portata in un ospedale di Delhi dopo uno stupro (aprile 2013). Sotto : Abu Asim Azmi, uno dei numerosi po- litici indiani che hanno rilasciato di- chiarazioni imbarazzanti sulle donne e sulla violenza ai loro danni.

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