Missioni Consolata - Luglio 2014

chiedere il permesso e possono passare anche dieci anni prima che venga data l’autorizzazione. La richiesta rischia di non arrivare mai a conclusione, perché bloc- cata nell’iter burocratico da qual- che islamista. Per cui ogni tanto viene distrutta una chiesa perché costruita in modo illegale. La di- scriminazione nel concreto della vita è forte. Anche convertirsi dal- l’Islam al cristianesimo è impossi- bile. L’unico modo è emigrare». Quindi come vede lei la condi- zione dei cristiani nell’area, e come vede il loro futuro? «In Nord Africa cristiani ce ne sono pochi. Ci sono alcune mi- gliaia di nordafricani diventati cri- stiani, in particolare in Algeria. In teoria non possono. Si fa di nasco- sto ma con il rischio della pri- gione. In Arabia saudita gli apo- stati vengono uccisi. Nella peni- sola arabica ci sono più di due mi- lioni di cristiani: filippini, sri- lankesi, indiani, etiopi, ecc. Essi non hanno il diritto di ritrovarsi insieme neppure in privato. In Oc- cidente nessuno dice nulla su questa ingiustizia perché l’Arabia è ricca. Ciò che noi chiediamo come cri- stiani è di essere semplicemente dei cittadini. Sul passaporto egiziano, come su qualunque documento, è obbliga- torio indicare la religione. Quando ho dovuto rifare il passaporto in ambasciata a Parigi, alla voce “re- ligione” ho scritto “ateo”. Poi alla voce “mestiere”, “monaco”. Sono stato subito richiamato, e l’amba- sciatore mi ha chiesto: “Sa che cosa ha scritto? Di essere monaco e ateo”. Io allora gli ho chiesto che cosa avesse a che fare la reli- gione con lo stato, e gli ho detto che è un affare tra me e Dio. Poi gli ho richiamato il principio della rivoluzione egiziana nasseriana del ’52: “La religione appartiene a Dio, la patria a tutti”. A quel punto l’ambasciatore mi ha detto che ero troppo avanzato, che ci vuole del tempo. Io gli ho repli- cato che con il suo ragionamento anche mille anni non sarebbero sufficienti. Tutto questo suscita domande tra i cristiani del medio oriente. Molti mi dicono: “Abuna, io voglio vi- LUGLIO 2014 MC 79 © Af.MC/Anna Pozzi 2007 vere e morire qui. Ma i miei figli? Devo pensare a loro. È per questo che ho deciso di emigrare. Perché qui non si può vivere”. Io rispondo loro che hanno ragione, ma anche che c’è un’altra possibilità: rima- nere per cambiare la società. Io sono convinto che questa è la missione dei cristiani: come dice il Vangelo, siamo il lievito nella pa- sta. La storia e gli studi del centro che ho creato a Beirut dicono che sono stati i cristiani nel corso della storia ad aver plasmato gran parte della cultura mediorientale: sono stati il lievito. Oggi abbiamo questa missione: diffondere lo spirito del Vangelo». Luca Lorusso SAMIR KHALIL SAMIR N ato al Cairo nel ’38, Samir Kha- lil Samir è gesuita dal ’55. Ha compiuto gli studi in Francia, tra cui un dottorato di islamistica ad Aix-en-Provence. A Roma ha fatto un dottorato in scienze religiose al Pio (Pontificio Istituto Orientale), istituto in cui insegna da 40 anni. Ha inse- gnato per 12 anni anche al Pisai (Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica). E insegna regolar- mente altrove nel mondo. È stato an- che impegnato per sette anni in Egitto per lo sviluppo sociale nei vil- laggi e nei quartieri poveri del Cairo, lanciando, tra le altre cose, un in- sieme di piccole scuole per analfa- beti musulmani e cristiani. Da più di quarant’anni è impegnato a far cono- scere il patrimonio culturale dei cri- stiani di lingua araba, avendo essi una teologia, un pensiero essenzial- mente improntato al rapporto con i musulmani, sviluppati dall’ottavo se- colo in avanti, sconosciuto agli stessi arabi. Ha pubblicato una ses- santina di libri in questo settore, e ha creato un centro che promuove tali studi, il Cedrac, a Beirut, città in cui vive e insegna (all’università Saint-Josef). «Essenzialmente la grande lettera- tura arabo-cristiana appartiene al Medio Evo, dall’ottavo al quattordice- simo secolo. Sia per i musulmani che per i cristiani è il periodo aureo. È in questo periodo che i cristiani hanno dato un contributo di prim’ordine alla cultura araba, che quindi non è esclusivamente islamica. Dal 14° se- colo in avanti è iniziata l’epoca della decadenza, durata fino al 19° secolo, quando è nato un nuovo “rinasci- mento”, di nuovo con il grande con- tributo dei cristiani. Il ruolo culturale dei cristiani nel mondo arabo è grandissimo. Perciò abbiamo una cultura comune, e su questa base possiamo costruire, proporre un pro- getto condiviso». L.L. © Af.MC/Anna Pozzi 2007

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