Missioni Consolata - Luglio 2014
MC ARTICOLI LUGLIO 2014 MC 55 sola. Quanto all’educazione, qui abbiamo strutture uni- versitarie minime. La maggior parte dei nostri giovani debbono andare via da Chiloé per poter studiare. E poi magari non ritornano più. Sicuramente nell’arcipelago c’è la necessità di migliorare in maniera sostanziale i servizi per la salute e l’educazione». In questo edificio è ospitato ilmuseo e il centro visi- tatori delle chiese in legno di Chiloé. Ironia del de- stino la cattedrale di Ancud è una costruzione mo- derna... «Nel maggio 1960 qui ci fu il più forte terremoto mai re- gistrato sulla terra: con una magnitudo superiore a 9 gradi (terremoto di Valdivia o Grande terremoto cileno, ndr ). La cattedrale di Ancud, che era stata costruita nel 1907, fu tanto danneggiata che si preferì raderla al suolo. Le tragedie naturali hanno influito sul carattere cileno, abituandolo a reagire, come accadde ad esempio con il regime militare». La natura è certamente imprevedibile, ma troppo spesso i disastri ambientali hanno cause umane. Com’è la situazione dell’arcipelago? «Sulla fine degli anni Settanta il vescovo Juan Ysern de Arce riuscì a far sì che la comunità fermasse un pro- getto di disboscamento (denominato Astillas ) che avrebbe reso desolata l’isola. Ancora oggi i boschi di Chiloé sono troppo sfruttati, addirittura come legna da riscaldamento. Purtroppo, il rinnovo del patrimonio bo- schivo è molto più lento del consumo. Quanto al mare, alcuni anni fa abbiamo sofferto di una grave crisi nella coltivazione del salmone provocata da un virus. Per questo oggi esigiamo una salmonicoltura che abbia un maggiore rispetto dell’ambiente marino. Detto questo, la coscienza civica deve crescere in tutti. Quando faccio le mie visite pastorali nelle isole, vedo spiagge piene di materiale plastico». Rimanendo in tema di mare, qui ad Ancud ma an- che a Dalcahue e a Castro abbiamo parlato con pic- coli pescatori. Sono tutti arrabbiati, delusi, preoc- cupati... «Capisco i pescatori. Quando li incontro nelle feste - per esempio in quella di San Pedro Pescador, il 29 di giugno -, mi raccontano i loro problemi. La legge sulla pesca riformata prevede quote per ciascuna specie ittica e di- vieti periodici ( vedas ) per preservarle. Il problema fon- damentale è che c’è stato un supersfruttamento da parte dei grandi pescherecci, sia stranieri che cileni. I piccoli pescatori artigianali hanno problemi a trovare pesci. Adesso poi, con la introduzione di nuovi limiti e divieti, i piccoli si sentono ancora più vessati e per que- sto protestano. Va pure ricordato che l’attività della pe- sca è anche intimamente legata al tesoro di Chiloé». Si riferisce alle chiese? «Certo. Esse sono state costruite con la tecnica dei fale- gnami che fanno le imbarcazioni. Provate a guardare la volta del tetto: è come il fondo di una barca capovolta». La loro storia parte da lontano... «Le chiese nacquero con la prima evangelizzazione a partire dal 1600: i gesuiti prima, i francescani poi. Si co- struivano come le case cioè utilizzando il legno nativo ( alerce, ciprés de las Guaitecas, coigüe ) e le tecniche di costruzione locali. Nell’anno 2000 l’Unesco dichiarò 16 di esse “patrimonio dell’umanità”. Si badi che l’agenzia delle Nazioni Unite non dà denaro: si limita al riconosci- mento e alla certificazione. Dato che ai visitatori non facciamo pagare un biglietto d’ingresso alle chiese, il no- stro autofinanziamento è per ora limitato alla vendita di ricordini o piccoli servizi ai turisti. I restauri vengono quindi pagati dallo stato cileno, che si è assunto il com- pito di proteggere il patrimonio». Per lei cosa rappresentano le chiese di Chiloé? «Sono un segno della fede, ma anche dello sviluppo so- ciale e culturale dell’arcipelago. Esse sono state co- struite attraverso la minga cioè con la collaborazione gratuita delle comunità. La minga , parola indigena, può riguardare la costruzione della casa, l’effettuazione del raccolto o una battuta di pesca. Ma anche la costru- zione di una chiesa». Un’ultima curiosità, monsignore. La chiesa di San Francisco, a Castro, ha un colore giallo, che defi- nire acceso è quasi riduttivo. Quella di Tenaun è blu, quella di Caguach rossa. Come si spiegano que- ste scelte cromatiche? «In tanti se lo chiedono, ma la spiegazione è molto sem- plice. Dato che qui, per gran parte dell’anno, dominano il colore grigio delle nuvole e verde intenso della natura, gli abitanti hanno sempre voluto colori molto vivi per le loro case e anche per le chiese. Si sono scelti colori con- trastanti che risaltino molto. Un ennesimo esempio di come quella di Chiloé sia una comunità più viva che mai». PaoloMoiola
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