Missioni Consolata - Luglio 2014
il centro, attorno all’hotel Orien- tal, all’inizio del mese e durante le feste come Ramadan ed Eid. Le ri- cevute dei trasferimenti monetari dall’estero disegnano una geogra- fia di migrazioni e flussi su scala globale, dal Kenya all’Inghilterra, da Dubai agli Stati Uniti. E poi più in là, fino a Cina e India, da dove businessmen locali importano le merci che vengono scaricate nel porto di Berbera, giovando della tassazione minima, e da lì rag- giungono sulla via dei contrab- bandieri Etiopia e Gibuti. Non ci sono guardie, attorno al- l’hotel Oriental. I soldi arrivano in carriole piene direttamente dalla banca centrale e sono usati per acquistare dollari in eccesso: il metodo somalo anti inflazione. Ed è quasi una metafora del So- maliland, dove istituzioni e privati stringono insieme il timone di questo raffazzonato paese attra- verso acque tormentate, verso l’agognato riconoscimento inter- nazionale. Somalia o Somaliland? Somaliland e Somalia non sono solo i prodotti di diverse avven- ture coloniali, ma rappresentano due opposte concezioni d’Africa agli occhi dei colonialisti, inglesi nel primo caso, italiani nel se- condo. Il Somaliland britannico era null’altro che un posto di transito sulla rotta verso la perla dell’impero, l’India. Empori marit- impedire massacri tra fazioni, la radicalizzazione religiosa, la bal- canizzazione del territorio e una perenne emergenza umanitaria. L’immagine plastica della sicu- rezza Hargeisa la dà nel centro città, dove schiere di cambiava- lute aspettano i clienti all’ombra di muraglie di banconote logore e sbiadite, su cui troneggia il sigillo della Banca del Somaliland. «Non vedresti nulla di simile a Mogadishu», dice Abdirizak, un venticinquenne con la finanza sulla punta delle dita: scorre rapi- damente i biglietti consunti, li rag- gruppa in mazzette, li stringe tra le nocche. «Questo è un dollaro», dice. I biglietti verdi arrivano dalle agenzie di rimesse che costellano SOMALILAND 10 MC LUGLIO 2014 S ervizi finanziari per i più poveri: questa la for- mula magica che agenzie internazionali dello sviluppo ripetono con crescente frequenza. La visione tecnocratica dell’accesso al credito mu- tua il linguaggio dell’industria bancaria e cavalca l’in- novazione tecnologica: il telefono cellulare, il «silver bullet» come dicono, o lo strumento definitivo per vei- colare prodotti finanziari nelle aree più remote dei paesi in via di sviluppo. Così, il mobile money , ovvero il denaro mobile, è diven- tato il fenomeno del momento nella comunità di esperti dello sviluppo. Punto di convergenza degli in- teressi di compagnie telefoniche, organizzazioni inter- nazionali e Ong, che stanno già cominciando a usare piattaforme accessibili da telefoni cellulari per pagare stipendi e muovere fondi. Al momento 233 servizi di mobile money sono disponi- bili nel mondo, soprattutto in Africa subsahariana e in Asia meridionale. M-Pesa, la piattaforma lanciata da Safaricom in Kenya nel 2008, ha fatto scuola: il successo del servizio, che conta oggi oltre 23 milioni di utenti, ovvero il 73% della popolazione adulta kenyana, e muove ogni mese quasi 150 miliardi di scellini kenyani (1,25 miliardi di euro), è stato un’iniezione di fiducia per multinazio- nali desiderose di conquistare il cosid- detto «fondo della piramide», ovvero i consumatori più poveri. S econdo il Cgap ( Consultative groupe to assist the poor ), un centro di ricerca che pro- muove l’inclusione finanziaria nel Sud del mondo, la telefonia mobile è oggi la tecnologia fondamentale per spalancare le porte delle banche - banche senza muri - ai 2,7 miliardi di persone nel mondo che non hanno accesso ai servizi finanziari. Così come la telefonia mobile ha scavalcato la neces- sità della telefonia fissa, il denaro mobile può permet- tere un salto a piè pari delle infrastrutture bancarie tradizionali. Ecco perché le compagnie telefoniche du- bitano che nel Nord del mondo, affollato di carte di credito, conti online e altri prodotti bancari, il denaro mobile possa attecchire. Mentre nel Sud la crescente mobilità, sia legale che illegale, fa della smaterializza- zione del contante un vantaggio in termini di sicurezza e flessibilità. Resta la domanda: di chi è il vero ritorno? E chi sono i nuovi esclusi? Abbiamo provato a rispondere a questi quesiti nel corso di un viaggio che comincia in Somaliland e ci porterà fino in Nepal, passando da Haiti e Burkina Faso. Dove negli ultimi anni il denaro mobile ha con- sentito a centinaia di migliaia di persone di diventare per la prima volta titolari di un conto bancario, sia pure «nella nuvola» (nel cloud , ovvero virtuale). Gianluca Iazzolino e Marco Bello L’inchiesta / Cos’è il denaro elettronico, al secolo « mobile money » Dare un conto in «banca» a tutti
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