Missioni Consolata - Giugno 2014
GIUGNO 2014 amico 77 per l’esportazione, e riso, arachidi, mais, legumi, verdure, ecc. per il consumo famigliare. L’unica industria a Dianra è una fabbrica per la prima lavorazione del cotone. In generale c’è molta povertà. La scolarizzazione è bassa perché i bambini sono impegnati nel pa- scolo e nei lavori in campagna. Le famiglie sono numerose, anche perché i lavori sono svolti dai loro membri. Anche per questo c’è la poligamia, perché porta forza lavoro. Qual è la difficoltà più grande che incontri? È l’influenza negativa sulla vita delle persone di alcuni aspetti della cultura tradizionale. La cul- tura africana ha valori immensi di umanità, di amore alla vita… ma c’è anche paura, negli- genza, fatalismo, passività, mancanza di libertà interiore. Un esempio: capita che un malato venga abban- donato perché si crede colpito da malocchio, fa- talmente condannato a morire. Poi, una volta morto, si mobilitano tutti per il funerale, spen- dendo molto, per fare rituali utili ad allontanare l’anima del defunto dal villaggio, perché non disturbi. Per noi cristiani è l’opposto: curiamo i malati, e se poi muoiono, l’unica cosa da fare è pregare. Una tua soddisfazione? La mia soddisfazione è trovare persone vera- mente credenti, pur in un contesto che pare es- sere tutto l’opposto. Mi domando chi abbia dato loro la fede, e poi mi dico: «Veramente Dio è qui all’opera e si fa incontrare». Succede di trovare persone così: cadute dalle mani di Dio! Ci racconti un episodio della tua vita missio- naria? Nell’ottobre 2012 al mercato ho incontrato un uomo che vendeva polli da sacrificare agli spiriti. L’uomo mi ha detto: «Vedo che porti la croce. La Parola di Dio dà molta pace nel cuore, ma non ho il coraggio di diventare cristiano. Comunque dove c’è la Parola di Dio i polli non hanno niente da fare!». È solo un piccolo aneddoto che mi ha fatto ca- pire quanto la religione sia presente nella vita quotidiana. Non è come in Italia, dove parlare di religione è una cosa strana. Ho incontrato quell’uomo ancora altre volte, e siamo diventati amici. Ho anche comprato un pollo, ma gli ho detto che l’avrei mangiato. Quali sono secondo te le grandi sfide della missione del futuro? Creare un cammino di dialogo tra le religioni che non nasconda la vocazione del Vangelo a diffondersi, a essere presentato e offerto. Te- nere insieme la necessità del dialogo e la neces- sità dell’evangelizzazione. Come diceva San Paolo: io non posso tacere la mia fede. Cosa possiamo offrire al mondo come missio- nari della Consolata? La ricchezza che abbiamo, come tutti i missio- nari, è il Vangelo. E con il Vangelo possiamo of- frire un nuovo modo di vivere, la dignità, la pro- mozione della persona umana, la consapevo- lezza delle possibilità presenti in ognuno, la li- bertà. Il Vangelo rende più dignitosa la vita. Dopodiché, il nostro modo di vivere il Vangelo è la consolazione che porta alla libera conoscenza di Gesù Cristo. Per questo dobbiamo essere per- sone di fede, una fede viva, coltivata, curata. Ci suggerisci uno slogan da proporre ai gio- vani dei nostri centri missionari. Che frase o citazione proporresti, e perché? Guai a me se non predico il Vangelo. Noi missionari in generale siamo molto apprez- zati per le nostre opere… ma il nostro specifico è l’evangelizzazione: predicare il Vangelo. La ragione della missione è che Cristo è entrato nella mia vita, e che vivo un rapporto con lui di cui non posso fare a meno. Luca Lorusso Per una versione più ampia dell’intervista clic- cate Parole di Corsa su amico.rivistamissioniconsolata.it AMICO.RIVISTAMISSIONICONSOLATA.IT © Af MC/Manolo Grau 2012 © Af MC/Manolo Grau 2012
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=