Missioni Consolata - Giugno 2014
76 amico GIUGNO 2014 potere dell’attuale governo che ha vinto le ele- zioni e che si è insediato dopo alcuni mesi di guerra civile contro le forze del precedente pre- sidente che non voleva lasciare. La Chiesa è vivace, soprattutto dove ci troviamo noi nel Nord, in cui è molto minoritaria, in un contesto islamico e di religione tradizionale. L’Islam dell’Africa dell’Ovest è molto aperto, tollerante, piuttosto sincretista con le religioni tradizionali. Credo che una sfida grande sia quella di sentirci inviati lì anche per loro. Per quanto riguarda l’evangelizzazione in senso stretto, la grande sfida è formare agenti pasto- rali preparati. A volte infatti a guidare comunità sono chiamate persone quasi illetterate che sanno leggere a stento la Bibbia. Di fronte a queste sfide così grandi ci sentiamo piccoli. Anche il mondo della salute ci interroga molto, perché in esso incidono gli elementi religiosi tra- dizionali: a volte le persone malate arrivano da noi all’ultimo momento perché prima sono pas- sate dai guaritori. Se tu chiedi ai catecumeni qual è il loro percorso umano e spirituale, al 99% dicono di essere ma- lati, anche di malattie dello spirito: «Ero tormen- tato, non dormivo, avevo dei sogni»... Essi ven- gono a cercare la salute e la pace del cuore. A volte mi sento un po’ stregone, però mi dico che Gesù si trovava nelle stesse situazioni e non fa- ceva troppe distinzioni… Qual è il contesto in cui lavori? La missione di Dianra è divisa in tre centri più grandi circondati da piccoli villaggi. La zona è rurale. Sono presenti due etnie: la più impor- tante è la Senufo composta da agricoltori, la se- conda è l’etnia dei Dioulà, commercianti origi- nari del Mali. Si producono cotone e anacardi Perché hai de- ciso di diven- tare missiona- rio e, soprat- tutto, perché della Consolata? Mentre ero nel semi- nario diocesano, ho sco- perto la missione: un mondo che allargava il mio desiderio di essere sacer- dote. A 19 anni sono entrato alla Consolata per- ché ne conoscevo diversi membri. Nonostante i nostri limiti, essere missionari della Consolata ti dà un orizzonte vasto, un’apertura grande. Puoi dirci due parole sulla Costa d’Avorio, quali sono le sfide principali di quel paese? Era un paese prospero nel contesto africano, fino a quando l’instabilità politica ed economica, e i problemi etnici l’hanno fatto sprofondare in una crisi lunga 10 anni, in cui si sono alternati momenti di guerra, di dialogo, di cessate il fuoco, di confusione, di ripresa delle armi… Ora sembra che tutto sia concluso con l’accesso al di Luca Lorusso Guai a me se non predico il Vangelo Il mio nome è Manuel Grau. Sono di Siviglia, Spagna. Ho 63 anni. Dal 1970 sono nell’IMC. Ho lavorato in Spa- gna, Congo, Spagna, Costa d’Avorio, Italia, Spagna e nuo- vamente Costa d’Avorio, dove mi trovo attualmente, a Dianra, una missione del Nord. Sono contento di essere là. Parole di corsa © Af MC/Manolo Grau 2012
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