Missioni Consolata - Giugno 2014
Quando studiavo da giovane missionario mi inse- gnavano che l’anziano africano è rispettato e rive- rito. Purtroppo non è più così. Abbiamo tanti, tanti anziani (a 60 anni sei già vecchio in Africa) che sono abbandonati da tutti, non nei villaggi dove la vita tradizionale tiene ancora, ma nelle pe- riferie dellà città. Kinshasa è enorme, ma anche Isiro ha oltre duecentomila abitanti. Ci sono figli che abbandonano i genitori anziani o li accusano di malocchio e stregoneria, e questi sono costretti a vivere da soli, senza risorse. Non solo i bambini sono accusati di stregoneria, ma anche gli anziani. E quindi sono abbandonati. E quando li incontri, vedi il dolore di questi padri, di queste madri che hanno allevato cinque o sei figli e si ritrovano la- sciati a se stessi in solitudine. Un missionario contento Io sono contento di essere missionario in Congo, ormai sono vent’anni. Rifarei tutto. E ho un sogno: che i nostri ragazzi possano crescere, andare a una scuola normale, che i padri di famiglia pos- sano lavorare e possano avere una vita dignitosa. Non chiedo grandi cose: desidero solo la norma- lità che invece non c’è. Il sogno che questo paese, così ricco in umanità, in agricoltura, in foreste, in minerali sia della sua gente, sia un paese dove si possa lavorare, avere una vita degna, umana. In- vece si soffre. Siamo sotto la soglia del livello di povertà, uno degli ultimi paesi nella graduatoria mondiale. Eppure è un paese che potrebbe far vi- vere bene tutti e darne anche agli altri, con tutte le ricchezze che ci sono. Ho il sogno della quoti- dianità più normale dove la nostra gente possa la- vorare, guadagnare, vivere con le cose fondamen- tali: salute, acqua, lavoro, libertà, mezzi di comu- nicazione e trasporto, strade. La quotidianità della pace. Ai lettori di Missioni Consolata Leggete Missioni Consolata perché è una porta aperta sul mondo che ci fa sentire più universali. Il leggere cosa capita nel mondo aiuta il cristiano 48 MC GIUGNO 2014 circa 200 km, ma poi non sono arrivati. Pur- troppo quando arrivano è dura: applicano tasse, spillano soldi, controllano il commercio, saccheg- giano. Nelle zone di Isiro ci sono delle aree di dia- manti e oro. I nostri giovani, attratti da questo, abbandonano le loro case, il loro lavoro in campa- gna e la scuola e vanno in quelle aree, ma non è che tornino poi con dei soldi, perché chi guadagna non è il povero Cristo, il giovane o ragazzo che va nelle gallerie o nell’acqua a scavare, sono solo i capi che incamerano tutto. Il futuro della nostra zona non è nei minerali. Se vogliamo dar futuro al Nordest del Congo occor- rono strade per dare sbocco ai prodotti agricoli, ché il terreno è fertile. Poi, avendo coltivazioni, potrebebro anche venire delle fabbriche che diano lavoro… nel futuro. Si coltiva riso, fagioli, banane, arachidi, olio di palma. Caffè e cotone purtroppo sono stati completamente abbandonati per la so- lita cronica mancanza di strade che ne impedisce il commercio. Una volta c’erano fiorenti pianta- gioni di caffè, ora è un degrado completo, a comin- ciare ancora dai tempi di Mobutu, quando ha vo- luto nazionalizzate tutto, comprese le piantagioni di caffè e di olio di palma. Avessero ascoltato anche solo il 50% La Chiesa, come conferenza episcopale, si raduna due o tre volte l’anno e prende sempre posizione sui problemi del paese. Quante volte la Chiesa ha par- lato contro questa guerra che vuol balcanizzare il Congo, che è una guerra d’interessi contrapposti maneggiati da fuori. Anche nel 2012 ad agosto si era fatta una grande manifestazione in tutta la na- zione contro la guerra che è scoppiata con l’M23 che intendeva separare le zone ricche, dividendo il paese. La Chiesa si fa sentire a tutti i livelli e con forza. Se i governanti avessero ascoltato anche solo il 50% di quello che è scritto nei documenti della Chiesa! Perché se c’è una forza locale che sa leggere la si- tuazione dal punto di vista economico, sociale e po- litico, questa è la Chiesa. Dal ’91 la Chiesa ha sem- pre denunciato questa situazione. Ma chi l’ascolta? Il jolly, missionario tappabuchi Dall’agosto 2008 allo stesso mese del 2011 mi han chiesto di fare il superiore di tutte le comunità, ri- siedevo a Kinshasa, ma ero sempre in movimento anche per seguire il nostro gruppo di Isiro. Finito il mio compito, ho passato tre anni, fino all’agosto 2013, a fare il tappabuchi. Avendo esperienza sia del Nord che dell’Est, mi hanno fatto fare il jolly: ho sostituito i confratelli che andavano in vacanza o avevano problemi di salute a Kinshasa e a Isiro. Ultimamente ero a Somana, un quartiere popolo- sissimo di Isiro che presto sarà parrocchia. È una comunità di periferia con qualche cappella in piena campagna e nella foresta. Il mio lavoro è stato il solito: scuola, salute, giovani e in più anche quello degli anziani. Sì, questa degli anziani è una cosa che devo dire.
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