Missioni Consolata - Maggio 2014

32 MC MAGGIO 2014 bare, nemmeno avessero da dominare con il ma- nubrio uno Space Shuttle . Va da sé che chi deve ri- correre agli effetti speciali per far valere le proprie ragioni è naturalmente più portato a esagerare, a far diventare il dialogo una pura e semplice serie di monologhi, a trasformare il conflitto in una bat- taglia (che si spera resti nella sfera del verbale e non trascenda nel fisico; anche se si sa bene che «da cosa nasce cosa»…). «Il meglio del meglio non è vincere cento battaglie su cento scrive Sun Tzu, nel suo celebre saggio L’Arte della guerra ma bensì sottomettere il nemico senza combattere». Nonostante la reverenda età (è stato scritto circa 2.500 anni fa) il testo di Sun Tzu continua ad at- trarre frotte di ammiratori, soprattutto per le ap- plicazioni che ne vengono date nel campo del ma- nagement . Tuttavia, la gara a chi urla più forte e a chi mena più duro sembra confermarsi come con- solidata prassi e avere molto più appeal nella vita di tutti i giorni. È certo che la tradizione spirituale dell’Oriente, in particolare attraverso il taoismo (ai cui principi si ispira L’Arte della guerra ), ha sviluppato tutta una serie di insegnamenti che tengono in grande consi- derazione la possibilità di un’altra via, fondata su concetti completamente diversi: piccolo, calmo, si- lenzioso; e su apparenti contraddizioni del tipo: ciò che è morbido vince ciò che è duro, ciò che è debole trionfa su ciò che è forte. Strano a dirsi, ep- pure le arti marziali si fondano proprio su queste idee, ed è meglio non contraddire al riguardo una cintura nera con un certo numero di Dan all’attivo. Non dobbiamo però guardare troppo lontano per vedere ribaditi concetti analoghi. Dobbiamo bensì aguzzare lo sguardo e scrutare con attenzione, perché ciò che stiamo cercando non si manifesta nel rumore, nella gazzarra, nella luce accecante del glamour . Il mite va scovato negli anfratti ano- nimi e silenziosi del quotidiano. Se lo cercheremo in questo modo, lo troveremo impegnato a dare la sua personale interpretazione di «un mondo di- verso», a dirci con la sua vita che guidare la pro- pria esistenza per altri cammini non solo è possi- bile, ma pure gratificante. A l termine del Gran Premio di Austra- lia, primo appuntamento stagionale con la Formula Uno, Bernie Eccle- stone, storico deus ex machina del circo a quattro ruote, ha dichiarato la sua profonda delusione per l’impatto dei nuovi motori turbo V6, insolitamente silenziosi ri- spetto ai modelli precedenti. «Ridateci il ru- more», ha lamentato l’anziano patron , dando voce ai nostalgici del frastuono pro- vocato dalle rombanti monoposto lanciate in pista a tutta velocità. In effetti, risulta difficile pensare a una gara di automobilismo in sordina: è come se il ru- more, a cui siamo troppo abituati, fosse parte della sua essenza. Il rombo del mo- tore esprime la potenza della vettura, ne an- nuncia l’arrivo, ne segnala l’eccitante pas- saggio, ne saluta il veloce schizzare via. P are una metafora della nostra vita quoti- diana, in cui il rumore è onnipresente: a volte inconsapevolmente prodotto, altre volte ricercato con determinazione e un velo di arroganza. Un leone ruggisce, non miagola, e una macchina da corsa deve fare rumore se vuole essere considerata come tale. Oggi il nostro quotidiano è popolato da ruggiti continui. Si ruggi- sce in politica con la stessa foga che una volta era riservata alle discussioni da bar del lunedì mattina. Si ruggisce nei talk show televisivi, dove si fa a gara a chi gonfia di più le vene del collo, a chi punta il dito più vicino alla faccia della controparte, a chi la spara più grossa, e sovente più grassa. La misura è diventata virtù rara, bisogna esagerare, pur di bat- tere, annichilire l’avversario. La pretesa di aver ra- gione e di imporre tale convinzione con la forza ci porta a essere molto più irascibili di una volta, agli incroci come in famiglia, a scuola come sul lavoro. Chi urla forse non crede nella forza delle proprie opinioni e sente di doverle imporre con un surplus di rumore, proprio come quei ragazzi che truccano la marmitta del loro motorino per farlo rimbom- 4. UNA SCELTA CONTROCORRENTE: LA MANSUETUDINE COME STRADA DI TRASFORMAZIONE Pillole « Allamano» contro il logorio della vita moderna a cura di Ugo Pozzoli

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