Missioni Consolata - Maggio 2014

MAGGIO 2014 MC 21 comunità e i leader locali temono che nuovi conflitti possano deri- vare dalla lotta per l’accaparra- mento di queste risorse. Recente- mente si stanno diffondendo noti- zie di trafficanti d’oro che lavo- rano per conto di qualche indu- striale o politico di primo piano, per lo sviluppo di un’industria mi- neraria nella regione. Sfruttando la lontananza dalla capitale e il ge- nerale disinteresse politico e me- diatico per la regione, alcuni uo- mini d’affari potrebbero assicu- rarsi le zone minerarie del Kara- moja, utilizzando a proprio van- taggio i conflitti tra i vari clan. Comunità locali a rischio di sfratto L’ufficio della Ricerca Geologica e Mineraria si occupa di concedere le licenze agli operatori interessati. Tuttavia, nonostante il governo lo- cale neghi la presenza di attività il- legali, diverse organizzazioni locali sostengono che l’industria aurifera manchi di trasparenza e che molti operatori agiscano nella regione senza una vera e propria licenza o con una concessione scaduta da anni. Secondo il Mining Act del 2003, un’azienda può ottenere una licenza per tre anni. Il proprietario del terreno, la provincia e il di- stretto, dovrebbero ricevere le royalties . Tuttavia sembra che i di- videndi dell’oro rimangano per molto tempo in una zona grigia. Nel frattempo, le comunità locali vivono nell’incertezza e nella paura che qualcuno possa cacciarli dalle loro terre, rinnovando il conflitto nella regione. Alla fine si torna a un punto dolente per tutto il conti- nente africano, e non solo per esso: la ricchezza di pochi (i proprietari delle miniere e chi «li controlla», quasi sempre corporazioni multina- zionali senza scrupoli) accumulata con lo sfruttamento di molti. In un’Uganda in piena crescita e con sempre nuovi problemi E pensare che l’Uganda negli ul- timi anni ne ha fatta di strada da quando la ventennale guerra civile tra governo e ribelli dell’Lra ( Lord resistance army , guidati dal fami- gerato Joseph Kony, cfr. MC giu- gno 2012), terminata con gli ac- cordi del 2008, non ha più depre- dato gli abitanti della loro terra e della possibilità di vivere in sere- nità. Le famiglie sono tornate nelle loro case, i bambini soldato (se ne stimano almeno 300mila nel mondo, che porteranno per de- cenni i traumi dei combattimenti e dei soprusi) si sono man mano reinseriti nell’ambiente originario, l’economia ha ricominciato a gi- rare, lentamente, in tutto il paese, che oggi registra 36 milioni di abi- tanti e un tasso di crescita annuale del 3,3%. Mentre si spera che la si- tuazione interna rimanga tran- quilla - nonostante la «sporca» corsa ai minerali -, si presenta un nuovo problema per il Nord del paese, e in parte anche per il Kara- moja: sono le decine di migliaia di sfollati che scappano dal Sud Su- dan, il più giovane stato del mondo, staccatosi nel 2011 con un referendum dal Sudan ma da al- cuni mesi in preda, a sua volta, a un conflitto armato scatenato dal- l’ex vicepresidente ribelle nei con- fronti dell’attuale premier. Con- flitto nel quale, per ora, le forze in- ternazionali stanno a guardare, ma che sta generando fughe di massa in altri paesi, benché questi non abbiano strutture e strumenti adatti per accoglierli, come l’U- ganda. Insicurezza alimentare Nel frattempo in Karamoja, oltre a quella delle miniere, tiene banco da qualche mese la questione della sicurezza alimentare, messa a dura prova non solo dagli eventi bellici del recente passato ma an- che dalla siccità che ogni anno sembra aumentare (nel 2013 si è calcolata una diminuzione fino al 50% dei raccolti in tutta la re- gione). Il governo centrale ha lan-

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