Missioni Consolata - Maggio 2014
MAGGIO 2014 MC 17 abbiamo sentito nel Vangelo di oggi. Noi ci impegniamo non solo a proclamare (con le parole) la “Buona Notizia”, ma a essere (coi fatti) “Buona Notizia”. Di parole ne diciamo troppe! Noi vogliamo es- sere riconosciuti come discepoli di Gesù. Discepoli missionari che vanno fuori e con la loro vita toc- cano la vita degli altri». Tutto bene Durante l’offertorio ho scambiato poche parole con padre Sakhile Mswane, il cerimoniere. Ero dav- vero preoccupato per il sovraffol- lamento. Avevo paura che po- tesse succedere qualcosa. Lui mi ha rassicurato: tutto sarebbe an- dato bene. E così è stato! I vescovi sono stati lieti di distri- buire la comunione, mentre io ero felicissimo di essere mandato nel punto più lontano dall’altare. Restare al posto centrale non mi piaceva proprio, preferivo andare fra quelli che erano «più lontani». E mi hanno accontentato. La gente aveva obbedito all’invito di non scattare fotografie durante la celebrazione. Tutti erano stati fin troppo bravi fino a quel mo- mento. Ma quando si sono trovati il vescovo in mezzo a loro, la ten- tazione è stata troppo forte! Prima della benedizione finale ci sono stati i discorsi con particolari ringraziamenti al Vicariato di Ingwavuma per aver donato il nuovo vescovo allo Swaziland. Il primo ministro Sibusiso Dlamini ha ricordato il grande contributo della Chiesa allo sviluppo del MC ARTICOLI Lo spirito missionario e vocazionale della celebrazione di Manzini trova eco nel Messaggio per la Giornata delle Vocazioni (11 maggio 2014 - testo completo su www.vatican.va ) A nche oggi Gesù vive e cammina nelle nostre realtà della vita or- dinaria per accostarsi a tutti, a cominciare dagli ultimi, e gua- rirci dalle nostre infermità e malattie. Mi rivolgo ora a coloro che sono ben disposti a mettersi in ascolto della voce di Cristo che ri- suona nella Chiesa, per comprendere quale sia la propria vocazione. Vi invito ad ascoltare e seguire Gesù, a lasciarvi trasformare interior- mente dalle sue parole che «sono spirito e sono vita» (Gv 6,62). Maria, Madre di Gesù e nostra, ripete anche a noi: «Qualsiasi cosa vi dica, fa- tela!» (Gv 2,5). Vi farà bene partecipare con fiducia a un cammino co- munitario che sappia sprigionare in voi e attorno a voi le energie mi- gliori. La vocazione è un frutto che matura nel campo ben coltivato dell’amore reciproco che si fa servizio vicendevole, nel contesto di un’autentica vita ecclesiale. Nessuna vocazione nasce da sé o vive per se stessa. La vocazione scaturisce dal cuore di Dio e germoglia nella terra buona del popolo fedele, nell’esperienza dell’amore fraterno. Non ha forse detto Gesù: «Da questo tutti sapranno che siete miei di- scepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35)? C ari fratelli e sorelle, vivere questa «misura alta della vita cri- stiana ordinaria», significa talvolta andare controcorrente e comporta incontrare anche ostacoli, fuori di noi e dentro di noi. Gesù stesso ci avverte: il buon seme della Parola di Dio spesso viene rubato dal Maligno, bloccato dalle tribolazioni, soffocato da preoccupazioni e seduzioni mondane (cfr Mt 13,19-22). Tutte queste difficoltà potrebbero scoraggiarci, facendoci ripiegare su vie appa- rentemente più comode. Ma la vera gioia dei chiamati consiste nel credere e sperimentare che Lui, il Signore, è fedele, e con Lui pos- siamo camminare, essere discepoli e testimoni dell’amore di Dio, aprire il cuore a grandi ideali, a cose grandi. «Noi cristiani non siamo scelti dal Signore per cosine piccole, andate sempre al di là, verso le cose grandi. Giocate la vita per grandi ideali!» [...]. Francesco paese, e il principe Simelane, che rappresentava il re Mswati III, ha sottolineato la scelta preferen- ziale dei poveri, dei disabili, dei ri- fugiati (in particolare dalle aree attorno ai Grandi Laghi, ndr ) come una delle caratteristiche particolari dei cattolici e li ha elo- giati per avere delle scuole che accettano chiunque senza distin- zione di merito e di ceto sociale, dando a tutti la possibilità di avere un’educazione di base. Per concludere ho fatto distri- buire la preghiera di S. Francesco: «Fa’ di me uno strumento di pace». «Ditela tutte le mattine. La prima cosa da fare! Imparatela a memoria. “Fa’ di me”: è il mio impegno. Non delego ad altri. Di- tela ogni sera. Sia guida per l’e- same di coscienza: ho perdonato, amato, consolato, ascoltato? Sono stato luce, pace e speranza? Preghiera la mattina, verifica la sera. Senza scoraggiarci. Non di- pende solo da noi. C’è l’aiuto di Dio. Niente è impossibile per Lui». José Luis Ponce de Leon* * Missionario della Consolata argen- tino, nato nel 1961, ordinato prete nel 1986 e vescovo dal 2009. Testo tradotto e adattato da Gigi Anataloni da bhubesi.blogspot.com
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