Missioni Consolata - Aprile 2014
liari molto difficili. A volte i bambini mostrano chiaramente di non voler rientrare a casa dopo la scuola, se- gno questo della presenza di un am- biente familiare teso, o spiegano di non aver fatto i compiti perché non sono riusciti a leggere e scrivere a lume di candela, oppure ancora per- ché nel lungo e freddo inverno tori- nese il problema principale della sera è quello di trovare un modo di scaldarsi sotto le coperte in assenza di riscaldamento. I doveri scolastici passano così in secondo piano an- che a causa dei tagli delle utenze elettrice, spesso abusive, che ren- dono ostile perfino l’ambiente do- mestico. APRILE 2014 MC 73 MC RUBRICHE Dal 2013 il lavoro dei missio- nari della Consolata con mi- granti di Torino si è intensifi- cato: padre Antonio Rovelli, re- sponsabile della cooperazione di Mco, fa ora parte del team di coordinamento dell’Upm, e pa- dre Godfrey Msumange, coa- diuvato dai viceparroci padre Nicholas Muthoka e padre Francesco Discepoli, è parroco di Maria Speranza Nostra, una vasta parrocchia nel cuore di Barriera di Milano a Torino. I missionari vi hanno iniziato il loro servizio il 20 ottobre del 2013, giornata missionaria mondiale, e hanno cominciato ad ascoltare, osservare, visitare le famiglie e programmare. «È un quartiere molto vario», spiega padre Nicholas, «che ha accolto immigrati del Sud Italia e del Veneto in passato e che ora ha visto l’arrivo di rumeni, albanesi, nigeriani, polacchi, eritrei, marocchini, tunisini e diversi latinoamericani». «Per il momento» aggiunge padre Godfrey «stiamo attivando, o prevediamo di attivare, servizi come lo sportello lavoro, la di- stribuzione di cibo e il centro d’ascolto, oltre all’oratorio che adesso è dedicato all’aggrega- zione. Ma vorremmo svilup- pare anche attività di dopo- scuola, corsi e laboratori». Altra realtà è quella di San Gioacchino a Porta Palazzo, una parrocchia con sacerdoti nige- riani, in cui padre José Jesus Ossa Tamayo, missionario della Consolata colombiano, segue la comunità dei latinos , i migranti provenienti dall’America La- tina. «I latinos sono ventimila in Piemonte, seimila nella sola Torino», spiega padre Jesus, «e per guadagnarsi da vivere lavo- rano spesso come badanti o fa- cendo le pulizie. Hanno una grande fame di Dio e, al di là della messa, si rivolgono al par- roco come a un punto di riferi- mento per tante cose: farsi ac- compagnare a un colloquio di lavoro, chiedere consigli sui problemi di coppia». A volte le situazioni familiari e le condi- zioni abitative sono molto diffi- cili: padre Jesus racconta dell’e- sperienza di un’anziana che è stata portata in Italia dai figli perché non restasse sola in pa- tria, ma ha problemi di mobilità che le impediscono di fare le scale e la costringono in casa dove «piange, piange e piange, tutto il giorno. Con persone come lei», conclude padre Je- sus «il ruolo di noi missionari è la presenza: andare e “pian- gere” con lei. Ultimamente i parrocchiani si sono offerti di far costruire un bell’altare: per loro è molto importante, è un segno di appartenenza. Lo fa- remo, certo, ma ho detto loro che il primo altare a cui devono pensare è la vecchietta che piange, o il fratello che non la- vora e non ha di che nutrirsi». Chiara Giovetti I MISSIONARI DELLA CONSOLATA E I MIGRANTI # In basso a sinistra : il murales che Roa, un writer belga, ha dipinto sulla sede dei servizi sociali in Lungodora a Torino. | Qui a sinistra : sbirciando in una casa per rifugiati in Corso Francia, dove vige un regolamento molto essenziale ( pagina 74 ). | Pagina 74 : barbiere improvvisato in una casa per rifu- giati sudanesi.
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