Missioni Consolata - Aprile 2014

APRILE 2014 MC 7 Cari mission@ri nei quali, accanto a mura e castelli, era anche pos- sibile costruire, con il la- voro di tutti, la casa della comunità, in cui celebrare le feste, dare rifugio ai pellegrini e viandanti, tro- vare asilo in tempi di cala- mità e di abusi da parte dei poteri politici. Quanto alle oppressioni verso i deboli da parte di pochi ricchi predatori, credo proprio che noi oggi abbiamo ben poco da in- segnare a riguardo, giac- ché, nonostante la crisi e- conomica tocchi tutto il mondo, i ricchi diventano sempre più ricchi, i poveri impoveriscono sempre di più e la classe media scompare. Storia di oggi, non del Medioevo. E lo «jus primae noctis» la- sciamolo al mondo delle bufale rinascimentali cui appartiene, come tanti al- tri luoghi comuni sul Me- dioevo come scrive Ales- sandro Barbero (vedi l’ar- ticolo su La Stampa del 28.8.2013, pag. 30-31 e l’intervista su Zenit.org del 16.9.2013). «Tutti quelli che ne parlano, dal- la fine del Medioevo in poi, la associano a un’alterità barbarica, all’esotismo dei nuovi mondi, o a quel- l’altro esotismo, di gran fascino, che è l’esotismo del passato. Ed è il motivo per cui da queste leggen- de è così difficile liberarsi. Non importa se da cento anni nessuno storico serio le ripete più, e se grandi studiosi come Jacques Le Goff hanno insistito tutta la vita a parlare della luce del Medioevo. Nel nostro immaginario è troppo for- te il piacere di credere che in passato c’è stata un’e- poca tenebrosa, ma che noi ne siamo usciti, e sia- mo migliori di quelli che vivevano allora». La realtà è che nella sto- ria la costruzione di una cattedrale non ha mai portato alcuna città alla bancarotta, mentre, ad e- sempio, certe faraoniche costruzioni olimpiche hanno invece rovinato delle nazioni. mino di fede di un popolo che a fatica è cresciuto nella sua comprensione delle cose di Dio e si rac- conta, offrendo ai lettori una testimonianza del proprio cammino spesso faticoso. Fino alla testi- monianza di Gesù Cristo, figlio dell’uomo e figlio di Dio. Testimonianza anco- ra una volta affidata alla fragilità di altri uomini. Come possiamo verifica- re allora che la Bibbia di- ce parole vere su Dio? Prima che un libro di idee e di dogmi, la Bibbia è un libro di persone che han- no creduto e offrono libe- ramente la loro testimo- nianza su quello che han- no visto, toccato, udito, incontrato e amato (cfr. 1 Gv 1,1-4), su quello che ha dato senso alla loro vi- ta. La verità si scopre so- lo accettando di entrare in relazione con dei testi- moni e attraverso loro con Colui che loro hanno conosciuto e amato. NON SONO D’ACCORDO Carissimo direttore. Sono un fedelissimo del- la vostra rivista missio- naria e apprezzo sempre leggere gli articoli sui/dei missionari della Consolata [...]. Vorrei far- le notare, per la mia e- sperienza di missiona- rietà acquisita sul campo a fianco di padre Noè (Cereda) nell’isola dei le- muri (Madagascar), che non sono per niente d’accordo sull’introdu- zione del suo editoriale «Santa audacia» (gen. 2014) quando confonde il potere temporale della Chiesa con la vera storia della nostra cristianità , «con la nostra fede che ha perso sapore per non essere più in grado di creare Chiese di bellezze straordinaria» … ( sic !). Personalmente credo che Papa Francesco nel suo dire si riferisca ad altre gioie, ad altre bel- lezze e ad altra audacia. È un richiamo a essere meno succubi alle realtà dorate di questo millen- nio. È il denaro, la ric- chezza e la fame di vana- gloria che la nostra so- cietà ci presenta come l‘inizio di una felicità e- terna. Riuscire a non far- ci trascinare nel «così fan tutti» e superare le barriere di chi sposa il faceto e le tendenze del- l’egoismo più sfrenato è sicuramente l’audacia che ci chiede Papa Fran- cesco. Una frase che ha detto ai cristiani è sulla bocca di tutti: «I fondato- ri della chiesa Cattolica non avevano il libretto degli assegni». Nel mio piccolo ritengo, senza supponenza, che ne passa di acqua nella storia fra scelte condivi- se e oppressioni tipiche del medioevo verso i più deboli, depredati dai po- chi ricchi che avevano anche i privilegi dello ius primae noctis . In terra di missione è la fede della gente che fa la differenza, e non certa- mente le chiese gotiche che da ai nuovi cristiani la gioia di amare, la bel- lezza della loro anima e l’audacia di professarsi cristiani e distinguersi nel sacrificio verso i pro- pri fratelli a scapito della loro vita. Da noi è l’egoi- smo che impera nella società, è l’indifferenza di tanti nuclei famigliari che davanti a tanti fratelli meno fortunati si chiudo- no in «chi se ne frega». L’importante è che a noi non manchi nulla. Non si può certo fare di ogni erba un fascio dimenti- cando che per chi vuol essere «credente» la carità è la massima e- spressione del cristia- nesimo sia nelle parroc- chie che nelle missioni sparse in tutto il mondo, una carità che parte dal cuore e irradia l’univer- so di gioia, di bellezza e di audacia senza se e senza ma come tantissi- me persone impegnate in associazioni che sa- crificano per un mes- saggio solidale la loro vita per i propri fratelli. Per chiudere l’argomen- to credo che le chiese debbano essere dignito- se in ogni parte del mon- do, con un imperativo: «Non essere bellissime scatole, ma senza fede- li». Vuote. Giovanni Besana Missaglia (Lc), 30/01/2014 Caro Sig. Giovanni, grazie del suo interessan- te commento. Mi permet- to solo di precisare che la mia frase è leggermente diversa da come lei l’ha ri- portata. Scrivevo: «Basti pensare a molte delle chiese costruite alla fine del secolo scorso, spesso livellate da un’architettu- ra populista incolore che non ha più neppure l’eco della gioiosa bellezza e dello slancio audace delle chiese gotiche. Specchio di una fede che ha perso il sapore, che non osa più». Con quello non intendevo certo esaltare il potere temporale della Chiesa, ma mi riferivo a un perio- do della nostra storia, il Medioevo, su cui abbiamo delle opinioni diverse. Le chiese gotiche non sono frutto di un periodo cupo e triste della nostra storia ma espressione di un mondo pieno di luce, colo- re, slancio e speranza. Le comunità cittadine che costruirono tali cattedrali vivevano tempi d’intensa vitalità economica e cul- turale e di relativa pace,

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