Missioni Consolata - Aprile 2014

APRILE 2014 MC 63 bene comune. «Se i bambini sono ben nutriti, anche i loro sogni lo sono». «Se dai soldi per la strada, aiuti soltanto ad aumentare l’ac- cattonaggio». «Lo sviluppo equo è vera libertà». Uno mostra un bimbo: «Il mio fu- turo è nelle tue mani, paga le tasse». Frequenti sono i quelli che invi- tano a responsabilizzarsi per sradi- care atteggiamenti socialmente pericolosi sulla strada: • A chi non rispetta il ciclista togli la macchina. • Ferma chi non usa il casco di si- curezza. • Se vedi che l’autista ha bevuto, requisisci la macchina. • Se vedi uno che guida e usa il cellulare, fermalo. • Se vedi che carica gente per la strada, non lasciarlo proseguire. Si insiste molto sulla parola patria: «Patria è il meglio che c’è nel mio paese. Siamo la generazione che ricuperò la patria». Poi, immanca- bile, lo slogan ufficiale: «Patria, andiamo avanti». Cosa è diventato l’Ecuador? I governanti dicono di volere l’Ecuador come una patria con piena libertà. Due parole che di- ventano sinonimi inscindibili per far credere a persone e co- munità che la libertà della pa- tria si raggiunge solo col pro- gresso gestito da governanti ga- ranti del potere sovrano (del popolo, ovviamente). Tale pro- gresso, sostengono, si rag- giunge con organizzazione e centralizzazione. Solo così, tutti insieme, si può costruire un paese bello, moderno e dav- vero presentabile alla ribalta nazionale e internazionale, che abbia infrastrutture atte a in- crementare il turismo e gli scambi commerciali a livello mondiale. Allora la loro retorica arriva ad affermare che è indi- spensabile una classe dirigente stabile e capace, in grado di at- tuare e mantenere i traguardi pre- visti per il bene di tutti, disposta anche a modificare la costituzione per permettere al suo presidente di essere rieletto per la terza volta e vicina a paesi come Cuba, Vene- zuela, Bolivia e Argentina, paesi che cercano di affrancarsi dal do- minio nordamericano. A dispetto di questi limiti politici, in realtà l’Ecuador è un paese me- raviglioso. Conseguenze drammatiche Mons. Leonidas Proaño, un grande vescovo dell’Ecuador, di- ceva di aver creduto nell’uomo e nella comunità. La persona indi- gena è essenzialmente ubicata nella comunità, che vive unita e compatta in un territorio ben defi- nito dove la terra ha confini e li- miti che non possono essere mo- dificati da invasioni. Il progetto di efficienza e centraliz- Rivoluzione La parola chiave del cambia- mento è «rivoluzione». È scritta sui tanti cartelli che abbondano lungo le strade. Questi gli slogan più comuni: • Siamo la generazione rivo- luzionaria. • È la rivoluzione della spe- ranza. • Rivoluzione è libertà. • Rivoluzione è patria. • Rivoluzione è educazione gratuita. • Rivoluzione è salute gratuita. Queste frasi tapezzano ogni cosa. Si vedono edifici rimessi a nuovo con un cartellone in evidenza che recita: «La rivoluzione cittadina ha finanziato questa opera». Neanche le chiese sono rispar- miate. Anche i lavori per dare un aspetto nuovo alla chiesa di Licto mettono in risalto l’aiuto della ri- voluzione cittadina. Anche le strade sono state ri- messe a nuovo, belle larghe e asfaltate. Frequenti cartelloni ri- cordano che «Abbiamo strade di prima qualità. Abbiamo ponti che ci uniscono». La parola «rivoluzione» è definita come la «promozione della vera li- bertà». «La rivoluzione promuove case degne e educazione gratuita. Le vie della rivoluzione portano a opere integrali, complete». Slogan e cartelloni I cartelloni sono davvero promo- tori di vita nuova e bella e incorag- giano anche a essere vigilanti per il

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