Missioni Consolata - Aprile 2014

DAI LETTORI Cari mission@ri APRILE 2014 MC 5 dell’amore sull’odio, della gratuità sull’utili- tarismo e il calcolo. MC, TROPPO POLEMICA? Rev. padre, da tempo mi porto nel cuore una obiezione che trattenevo per timidezza. Preciso che nel 1973 fui in contatto con voi per verificare se la vita mis- sionaria fosse adatta per me […] e così conobbi al- cuni dei vostri missionari come p. Mura Salvatore e p. Vincenzo Pellegrino. La vostra rivista, mi per- doni, è troppo polemica (virtù che ascrivo ai tori- nesi e a pochi altri in Ita- lia) in religione, in politi- ca, in tutto. Si narra che Madre Teresa di Calcutta dicesse: «Chiedo di lavo- rare in carità, non guardo i governi». Conosco an- che altre comunità mis- sionarie e nessuno parla di politica. Accetto volen- tieri una sua, ma la pen- so così da decenni. Lorenzo B. email, 19/01/2014 Caro amico, anzitutto grazie di averci scritto. «La virtù della po- lemica è da ascriversi ai torinesi», scrive lei. Vor- rebbe proprio dire che in redazione ci siamo incul- turati bene, perché di to- rinesi veri e propri qui non ce ne sono: tutti acquisiti! Facezie a parte, mi preme precisare che i missionari della Consolata, nella loro storia, non hanno mai fat- to delle scelte di campo in base all’approvazione o disapprovazione di un go- verno o un regime. Hanno sempre scelto in obbe- dienza a direttive specifi- che di Propaganda Fide o secondo una lettura dei bisogni oggettivi di un paese alla luce del Vange- IL SEGNO DEI CRISTIANI Egregio Padre, sovente mi chiedo per- ché il segno dei cristiani debba ricordare la croce e non la risurrezione, vi- sto che, come dice Paolo di Tarso, «se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede» (1Cor 15,14); non solo, ma la risurrezione include in ogni caso an- che la morte. Dopo due millenni di cristianesimo possibile che non si sia affrontato l’argomento, al di là delle speculazioni sui primi cristiani? Da un po’ di tempo quando en- tro in chiesa mi segno di- cendo: «Nel nome del Padre che ha risuscitato il Figlio per mezzo dello Spirito Santo. Amen». Gradirei un suo parere in proposito. Grazie. Vincenzo Palumbo Moncalieri (TO) Caro Vincenzo, trovo molto interessante la sua domanda. Credo che la risposta non stia tanto nella modifica delle parole quanto nella com- prensione dei significati nascosti in quell’umile se- gno cui siamo così abitua- ti. Due i livelli da conside- rare: le parole e il segno. LE PAROLE. L’espressione si trova in Mt 28,19: «Battezzandoli nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito San- to». È messa in bocca a Gesù stesso e riflette cer- tamente il modo di battez- zare della comunità cri- stiana primitiva. Le parole «nel nome» indicano un rapporto personale, una relazione con qualcuno vi- vo. Nella Bibbia il nome è la persona. E certo ricor- da la scena di Mosè che chiede a Dio il suo nome (Es 3,13-14). Conoscere il nome di qualcuno o dare il nome è molto più della banalizzazione burocrati- ca a cui siamo abituati og- gi, quando il nome diventa una cifra in un computer. È invece entrare in un rapporto personale di a- micizia e di famigliarità. In questo caso è entrare nel- la comunità trinitaria, Pa- dre, Figlio e Spirito. Pro- nunciare quindi queste parole ha una doppia va- lenza: è un atto di fede nel Dio Uno e Trino, ma è an- che riconoscere con me- raviglia e timore che Dio mi ama e mi accoglie, mi rende parte del calore della sua famiglia. IL SEGNO. Ricorda la croce di Cristo: palo del patibolo, albero della vita, trono della glo- ria dal quale Gesù attrae tutti a sé, scala che con- giunge cielo e terra, fon- tana e sorgente del fiume di acqua viva che rigenera l’umanità nuova, torchio del vino nuovo. Le citazio- ni bibliche e patristiche in proposito sono innumere- voli. Basti ricordare come Giovanni racconta la cro- cifissione (cfr. Gv 12,32; 3,14; 8,28; 19,16-37). Nel- la comprensione della fe- de, la croce non è mai solo morte, ma è il segno rive- latore del trionfo dell’a- more di Dio che nel dono totale di sé vince una volta per tutte la morte e il pec- cato. In più questo segno è carico di altri significati: - toccandoci la testa, il petto e le braccia ricor- diamo l’espressione «a- mare Dio (e il prossimo) con tutto il cuore, con tutta la mente e tutte le forze» (Dt 6,4-5; Mc 12,29-31) e rinnoviamo quindi il nostro impegno di coinvolgere la totalità della nostra persona - pensieri, affetti e opere (e cose possedute) - per «fare bene il bene» (Al- lamano), affinché «ve- dendo le vostre opere belle rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,16); - il braccio verticale della croce ci ricorda che nel Crocefisso è ristabilito il legame, la comunicazio- ne tra cielo e terra, già spezzato col peccato presso il primo albero (Gn 3,1-6); la croce ci ri- mette in comunione con Dio; - il braccio orizzontale ci richiama alla comunione con gli altri, l’abbraccio di Gesù per tutta l’umanità e per ciascuno di noi; la croce ci permette di co- struire relazioni nuove con tutti gli uomini; - è anche scudo di prote- zione contro la tentazio- ne, contro il male; - è segno di speranza per- ché proclama la vittoria della vita sulla morte, della luce sulle tenebre,

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