Missioni Consolata - Aprile 2014
L’AUTORE • P IERGIORGIO P ESCALI - Giornalista e scrittore, si oc- cupa di Estremo Oriente, in particolare di Sud Est Asiatico, penisola coreana e Giappone. Da anni collaboratore di Missioni Consolata , suoi articoli e foto sono stati pubblicati da Avvenire, Il Manifesto , Panorama e, all’estero, da Bbc e Cnn . Dal 2010, cura per Asia Maior (www.asiamaior.org) il capitolo sul Myanmar. Ha pubblicato Indocina , Edizioni Emil, Bolo- gna 2010. È di imminente uscita (maggio 2014): Il custode di Terra Santa. A colloquio con Pierbattista Pizzaballa , Add Editore (www.addeditore.it ), Torino. Il suo blog è: www.pescali.blogspot.com . • P AOLO M OIOLA - Redattore MC, con alle spalle due viaggi in Myanmar (vedere MC settembre 1994 e MC dicembre 2007), per il coordina- mento giornalistico del dossier. APRILE 2014 MC 49 DOSSIER MC MYANMAR © Avvenire it Council, ndr ) dopo, non c’è mai stata libertà di parola o di scelta. Tutto veniva imposto dall’alto, anzi, direi da una ristretta cerchia di persone. Oggi, con le riforme in atto, dobbiamo riacquistare la capacità di dialogare. Ma questo significa anche sapere che non si potrà mai ottenere il 100% di ciò che si chiede». Le riforme in atto dal 2010 hanno già portato a note- voli cambiamenti inMyanmar. Oggi ci sonomeno di 100 prigionieri politici nelle prigioni birmane, quando solo tre anni fa erano più di 2.000. Secondo lei c’è ancora la possibilità che i militari possano ri- prendere il potere e arrestare il processo democra- tico? «Certamente. È per questo che ho chiesto anche all’I- talia di appoggiarci nella strada verso la democrazia. Penso che vi siano frange all’interno del Tatmadaw (le Forze armate, ndr ) che si oppongono alle riforme». Chi potrebbe essere un partner fidato in questa transizione democratica? La Cina, gli Stati Uniti, l’India, l’Asean? «La Birmania ha sempre avuto rapporti molto stretti ed amichevoli con la Cina e, personalmente, vedo gli in- vestimenti cinesi come un’opportunità per il mio paese. Naturalmente, come ho sempre detto, bisogna che siano investimenti non finalizzati a esclusivo vantaggio di un solo paese o di una classe sociale. Penso sia que- sta la sfida che andremo ad affrontare nel futuro». Lei, sin dal primo comizio tenuto alla Shwedagon nel 1988 (a cui io ero presente), ha sempre dichia- rato di avere un immenso affetto per i militari, so- stenendo che è indispensabile che il Tatmadaw en- tri a far parte della vita sociale della nazione. Que- ste sue dichiarazioni, ripetute oggi, sconvolgono non poche persone che l’hanno sostenuta. Sono loro che non hanno capito nulla delle sue idee o è lei che ha cambiato le idee? «Direi che siamo più vicini alla prima risposta. Sono sempre stata convinta che i militari devono lavorare stretto contatto con la legislatura e l’esecutivo. Io ho sempre avuto un sentimento particolare per i militari e chi si scandalizza quando mi sente dire questo, ri- spondo che non ha capito nulla del mio pensiero. Non ho mai cambiato idee nei confronti dei militari e an- ch’io mi stupisco di come molta gente inorridisca quando affermo di avere grande affetto per loro. Ma dico semplicemente ciò che ho sempre detto da 25 anni a questa parte. Lo ripeto, ho sempre avuto molto ri- spetto per chi indossa una divisa. Tranne, ovviamente, per alcune persone. Ma sono un’esigua minoranza». Piergiorgio Pescali
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