Missioni Consolata - Aprile 2014
APRILE 2014 MC 33 deravano conseguire frutti dovevano far sì che il loro lavoro fosse: perseverante, concorde e illumi- nato. I primi due aggettivi non necessitano qui di grande approfondimento, mentre è proprio a pro- posito dell’ultima caratteristica che il fondatore ci offre la sua pillola. L’accento è posto sul metodo missionario: l’Alla- mano vuole che esso parta da un contatto ravvici- nato con la gente, con i suoi bisogni e i suoi pro- blemi. Tale metodo aveva avuto la necessaria con- sacrazione con il Decreto di approvazione da parte di Propaganda Fide e con le parole benedicenti di papa Pio X, riportate dall’Allamano nella lettera ci- tata. Con le sue parole, lodando e approvando il metodo missionario dell’Istituto, il pontefice espri- meva il seguente concetto: «Bisogna degli indigeni farne tanti uomini laboriosi per poterli fare cri- stiani: mostrare loro i benefici della civiltà per ti- rarli all’amore della fede: ameranno una religione che oltre le promesse d’altra vita, li rende più felici su questa terra». Più felici su questa terra: prima di fare il cristiano occorre fare l’uomo, un uomo «la- borioso», capace di apprezzare i «benefici della ci- viltà» ed essere quindi anche attratto all’amore della fede. U n approccio di questo tipo impegna oggi il cri- stiano a due livelli. Il primo è quello della testi- monianza . I cristiani sono chiamati a essere testimoni della loro fede come possibilità per vivere una vita felice. Come scrive Enzo Bianchi, priore del monastero di Bose, nel suo saggio Le vie della Feli- cità. Gesù e le beatitudini (Rizzoli, Milano 2010): deve collaborare attraverso delle scelte che gli per- mettano di aprirsi alla grazia, dono gratuito di Dio. L’azione umana non è l’unica né la principale causa del conseguimento della felicità, ma è tuttavia indi- spensabile proprio perché il dono di Dio possa es- sere liberamente accolto. Questa, in poche parole, è la teoria; in pratica le cose non sono così sem- plici. Oggi, in effetti, il mondo Occidentale è abba- stanza scettico rispetto a quanto passa la Chiesa in materia. In uno dei suoi ultimi saggi, il filosofo Um- berto Galimberti analizza il fenomeno della «per- dita del sacro» che colpisce la cristianità in gene- rale, rendendo il cristianesimo, agli occhi di coloro ai quali si rivolge, una religione dal cielo «vuoto», che rivela il nulla. La de-sacralizzazione del mondo ha fatto perdere all’uomo la fiducia nella possibilità di un Dio trascendente, totalmente altro. Se Dio è felicità, secondo Galimberti, da questa felicità il mondo si è separato, ne ha decretato la morte, l’ha rescissa dalla propria storia. Dire che la felicità risiede in Dio a un interlocutore che da Dio si è separato potrebbe significare ini- ziare un dialogo tra sordi che non porta a nulla. Ep- pure, se ci pensiamo con attenzione, molte delle catechesi e delle omelie che ascoltiamo, o dei con- tenuti religiosi che portiamo nelle nostre discus- sioni di tutti i giorni sono impostati su questo po- stulato, calato dall’alto come una verità che è inop- pugnabile per chi crede, ma che lascia invece le al- tre persone scettiche o, nella maggior parte dei casi, completamente indifferenti. La pillola dell’Allamano di questo mese, ci aiuta ad affrontare il tema da un altro punto di partenza, si- curamente più evangelico, con un approccio peda- gogico «dal basso», che tiene conto delle persone e non solamente delle nostre convinzioni perso- nali. Curiosamente, la formulazione non è propria- mente «farina del suo sacco», ma ha bensì un’ori- gine addirittura papale. La frase contenuta nella pillola di oggi, è stata scritta da Giuseppe Allamano in una lettera indiriz- zata ai missionari del Kenya, datata 2 ottobre 1910. In quella lettera l’Allamano ricordava che se desi- MC RUBRICHE # A sinistra : Momenti di gioia in Etiopia, alla consegna di un micro-credito; sopra : in Mon- golia durante una celebra- zione eucaristica e in Colom- bia ( pagina seguente ) po- sando per un amico.
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