Missioni Consolata - Aprile 2014
APRILE 2014 MC 19 cioè Gesù, la sua grazia, il suo perdono, la sua misericordia, la sua bontà giungano alla gente. Facendo quello che faceva Gesù stesso: predicare il Vangelo, cu- rare gli ammalati, insegnare». Qual è lo stato attuale della Tanzania? «Abbiamo moltissimi orfani. Al- cuni di questi sono sieropositivi. Noi cerchiamo di aiutarli con il cibo, con le spese per la scuola. A Tosamaganga seguiamo almeno una ventina di scuole attraverso i nostri catechisti diffusi sul territo- rio che ci segnalano le situazioni di difficoltà. Riguardo al cibo, aiu- tiamo attraverso le nostre pianta- gioni: abbiamo mais, fagioli, gira- soli. Dobbiamo dire grazie ai be- nefattori italiani che, nonostante la crisi, continuano a dare le loro offerte. Pochi giorni fa un giovane tanzaniano che ora è a Dodoma per studiare all’università mi ha scritto una mail. È un ragazzo or- fano che riceve un contributo dal governo, ma che deve pagare una parte delle spese. Mi ha chiesto aiuto, e io gliel’ho promesso». Che differenze ci sono tra la Tanzania del ‘52 e quella di oggi? «I ragazzi di allora erano addor- mentati. Oggi sono vivaci quasi come i nostri italiani. Dal punto di vista politico, oggi c’è un sistema con più partiti, nonostante ci sia al potere sempre il vecchio par- tito, quello di Julius Nyerere che ha portato all’indipendenza nel 1961 e che, dopo l’unione del Tanganika con Zanzibar nel 1964, ha preso il nome di Ccm (Partito della rivoluzione). Questo è an- cora al governo nonostante sia pieno di corruzione. Vedremo cosa succederà quando nel 2015 ci saranno le elezioni. La gente del Tanzania è gente calma, che sopporta e sta in silen- zio. Negli ultimi anni però non sopporta più. C’è una nuova ge- nerazione che ha studiato. Le uni- versità sono piene di giovani che capiscono la situazione e iniziano a dimostrare». Ci sono problemi di radicalismi religiosi. «Non molti, ma dobbiamo stare all’erta perché, specialmente a Zanzibar, dove la popolazione è quasi tutta musulmana, c’è un gruppo di estremisti denominato Uamsho (Risveglio) che due anni fa ha ucciso un prete cattolico. Ogni tanto si sente di questi gruppi che bruciano le chiese. Un anno fa nella zona di Arusha c’è stato un attentato contro il ve- scovo e il nunzio apostolico che dovevano inaugurare una chiesa: è passato un uomo in moto e ha gettato una bomba. Ci sono stati tre morti. Dall’ultimo censimento sembra che in Tanzania vivano tra i 42 e i 45 milioni di persone. Tutte le denominazioni cristiane: cattolica, luterana, anglicana, ecc. contano più del 50% della popo- lazione. I cattolici sono poco meno del 30%. In seguito ai fatti di violenza reli- giosa che da almeno un anno de- stabilizzano il Tanzania, tutte le chiese cristiane si sono incontrate per riflettere su cosa fare». Quindi il dialogo con le altre chiese cristiane è positivo. Ma con i musulmani come va? «I musulmani sono al massimo il 30%. Sono concentrati soprat- tutto sulla costa, verso la quale da molti anni c’è una continua migrazione di cristiani dall’in- terno del paese: Dar es Salaam oramai ha almeno 50-60 parroc- chie. Le relazioni tra i fedeli delle due religioni sono buone. Il pro- blema sono gli estremisti che vo- gliono coinvolgere sempre più persone. Nel territorio di Tosama- ganga c’è qualche gruppo di mu- sulmani, ma sono tranquilli. A Iringa ci sono diversi musulmani, e alcuni di questi vanno all’uni- versità cattolica». Come viene percepito il nuovo pontefice nella chiesa tanzaniana? «Noi missionari siamo molto con- tenti. Lo Spirito santo ha lavorato per l’elezione di papa Francesco. Qualcuno è preoccupato perché va troppo in mezzo alla gente, e così facendo si prende dei rischi. Ma sopra eventuali malfattori con cattive intenzioni c’è il Si-
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